Releases

Otto merli sopra a un ramo by 19'40"

Francesco Fusaro e Sebastiano De Gennaro ci raccontano la video-opera dedicata e realizzata con otto bambini rinchiusi in quarantena nella prima ondata pandemica

otto merli foto.jpg
Otto merli sopra a un ramo 
Sedicenti musicisti
Cantan per ventiquattr'ore
Trentadue melodie tristi.
Son da tempo in quarantena
Perché fuori è un quarantotto!
Quanti giorni? 5/6?
Sembran più sessantaquattro!
"Per me son settantadue!"
Grida il bue da ottanta chili...
O forse erano ottantotto?
(Novesei, ma siam gentili...)
"Che sian cento con un quattro
C'entra poco se do dici!"
Disse un mago in tre secondi
A quei nove od otto amici.

Sono un grande ammiratore dell'opera di Toti Scialoja, che nella sua forma letteraria si declina spesso in un mondo di animali ritratti, con giochi di parole e allitterazioni funamboliche, in buffe avventure molto grottesche e molto antropomorfe. L'ammirazione si è estesa al cimentarmi con qualche poesia e filastrocca in stile, che ho chiamato scialojades e che tengo nei miei taccuini.

Fra questi omaggi privati, avevo cominciato a lavorare (sincronicità junghiana nella quale credo fortemente) ad un componimento a base numerica sui multipli dell'otto. Quando Sebastiano ha scritto ad Enrico e me per suggerirci di lavorare a qualcosa che potesse coinvolgere i suoi otto giovani e giovanissimi allievi, ho pensato fosse l'occasione giusta per portare il lavoro a compimento. Ma ahimè non riuscivo a trovare il taccuino su cui si trovava la bozza originale, così mi sono trovato costretto a riscriverla da capo. E forse è stato meglio così? Se un giorno la ritroverò, ve lo farò sicuramente sapere!

Venendo alla tradizionale analisi stilistica, vi posso dire che tutta la filastrocca è in ottonari, per essere coerenti con la base di partenza, ovvero i nostri otto giovani musicisti. 4 le stanze in totale, 16 i versi. La serie dell'8 termina a 104 per colpa del mago che, come tradizione vuole, scombina tutto facendoci saltare con un colpo di bacchetta direttamente al 12 (permettendoci anche il gioco di parole musicale, con citazione della nota di impianto della musica di Sebastiano) nella sua frase di 3 secondi che ci fa fare un breve passaggio proprio attraverso i multipli di 3 (citiamo infatti il numero 9, ovvero 12 - 3, ma anche 8 merli + 1 bue) e quindi, chiudendo da dove avevamo cominciato, ai nostri otto merli musicisti. Ci sono anche altri giochi di parole a base numerica ovviamente, come il 16 nascosto in "sedicenti", il 40 in quarantena o il 56 spezzato in 5/6 per rispettare il metro della filastrocca, e via dicendo.

Quando si è trattato di registrare la voce, ho pensato di abbassare la mia lettura di un semitono per darle una pasta da disco che perde pian piano giri, o da cassetta (ricordate le fiabe Fabbri Editori? Nel 2004 ci ho fatto anche un disco con due cari amici, campionandole e rimontandole in maniera molto irriverente...) che si sta lentamente smagnetizzando. Ho poi ripassato la voce ulteriormente con vari effetti per permettere a Sebastiano un montaggio variegato, sapendo che avrebbe gradito fare un editing a partire da materiale così surreale. Il risultato è una breve filastrocca per adulti fatta da bambini. Perché sono i bambini che hanno sofferto in questi mesi le burle amare di un mago molto pasticcione e distratto, e temo che solo il tempo ci darà la misura di ciò che hanno patito.

Francesco Fusaro

disegno mattia 2.jpg

Durante i mesi di lockdown nella primavera del 2020 mi sono trovato quotidianamente davanti al computer. Sullo schermo, a turno uno dopo l’altro, i miei otto giovani allievi di percussioni: Carlo, Zoe, Gioele, Lorenzo, Francesca, Matteo, Mattia, Kamillia. Alle loro spalle, un divano, la porta del bagno, il mobile della cucina, la sorella in tuta pronta per la lezione di danza da remoto, un cane che salta da destra a sinistra poi da sinistra a destra. Tutte le settimane a tentare di fare un’impossibile lezione di percussioni, senza strumenti, con mezzo secondo di latenza nell’audio, con connessioni per lo più scadenti, con un suono tremendo e a volte indecifrabile, e con la frustrante ed ossessionante domanda in testa: perché sono qui, anziché a fare i miei concerti? 
La risposta è banale: era importante continuare a coltivare quello scambio da persona a persona, quello scambio di informazioni ed affetto, che è poi il modo giusto di insegnare musica. Otto merli sopra a un ramo è l’idea che ci ha permesso di spingerci oltre alla faticosa esperienza DAD ed entrare nel più bel campo che esista, quello della creatività collettiva. Questa piccola video-opera raccoglie otto quadri di isolamento domestico e li mette in relazione attraverso una musica ed un testo composti appositamente per questi giovani musicisti. È stata ideata e realizzata eroicamente, in una situazione in cui le limitazioni erano pressoché totali per gli 8 piccoli musicisti e per i 4 adulti dietro a questo progetto.

La musica di questa video-opera è fatta di necessità (e di virtù): otto glockenspiel giocattolo in quanto unici strumenti a disposizione di tutti, dei richiami per uccelli (disinfettati imbustati e consegnati via posta ai rispettivi domicili), delle parti modulate sui rispettivi livelli musicali dei bambini e soprattutto eseguibili con un metronomo in cuffia (ostacolo gigantesco) ed infine la necessità di avere uno strumento musicale con frequenze acute, le uniche frequenze che si mantengono vagamente intelligibili attraverso l’audio di un telefonino. 
Il risultato è una sorta di minimalismo lo-fi d’infanzia, un carillon sinistro che non evoca certamente culle, bambole o caramelle bensì inquietudine e desiderio d’incontro.
Come nella migliore tradizione della minimal music americana (e ovviamente citando In C di Terry Riley)
il brano comincia, e termina, con un loop di Do ribattuti da tutta la compagine all’unisono. Gradualmente il loop si trasforma secondo l’ordine dei multipli dell’8 (sulla base del testo di Francesco), ed ogni cifra è rappresentata da un bambino che cambia leggermente il proprio loop, seguendo il ritmo della filastrocca.

Sebastiano De Gennaro

musica

Sebastiano De Gennaro

testo e voce

Francesco Fusaro

gli otto giovani musicisti

Carlo, Zoe, Gioele, Lorenzo, Francesca, Matteo, Mattia, Kamillia

disegno

Pietro Puccio


montaggio video


Marcello Corti

disponibile dal 12 novembre 2020, anche per non abbonati, su www.patreon.com/19m40s

Il virus cambia la musica ma non le fa male by Sebastiano De Gennaro

Karlheinz Stockhausen, Tierkreis
the upside down versions
19m40s_11

(foto Lorenzo Brusci)

(foto Lorenzo Brusci)

17 marzo 2020

Prima sospesi ed ora sottosopra. Non è un film, ripeto dentro me. Sì è un film: siamo tutti protagonisti di un film a cui difficilmente crederemmo se non fosse davvero qui, fuori dalle nostre porte. E questa volta, senza volerlo, il disco in arrivo (se riuscirà a raggiungere le vostre case) è la perfetta metafora della drammatica attualità: il tempo e le nostre cose quotidiane, da un momento all’altro, hanno assunto lunghezze e forme diverse, a cui non eravamo proprio preparati.

Tierkreis (Zodiaco) The Upside Down Version (la versione sottosopra), sarà la nostra undicesima uscita, e la ricorderemo perché caduta nel mezzo di questa pandemia. Sarà un disco dedicato ai Tierkreis di Karlheinz Stockhausen; dodici melodie, una per ogni segno dello zodiaco. La nostra sarà una doppia versione, il diritto ed il rovescio, il prima e il dopo. Le prime dodici tracce sono infatti la mia versione, tesa ad una malinconica, intima e familiare poesia fatta di semplicità di mezzi e sottrazione di suono (tre tastiere Casio ed un violino). Altrettante dodici tracce sono la stessa opera ma osservata ‘dall’altra parte dello specchio’: la versione infetta di Lorenzo Brusci, che ha raccolto la nostra esecuzione dei Segni in occasione del festiva AngelicA di Bologna e la ha spettralmente elaborata. Lorenzo è riuscito a catturare l’ombra (il reverbero) di quei dodici segni, con l’abilità e la pazienza di chi cerca di catturare sulla pellicola fotografica l’invisibile.

Ascoltare questo disco per me è come osservare il prima, e l’adesso, la nostra quarantena. Ciò che era familiare e certo ora non lo è più, siamo nel sottosopra (citando la serie televisiva Stranger Things). Mi viene in mente un sogno ricorrente che facevo da ragazzino: è buoi ed io entro nella mia camera da letto facendo il consueto gesto verso l’interruttore per accendere la luce, ‘clik’, ma stranamente qualcosa non funziona, la lampadina si accende ma la sua luce è talmente fioca che la stanza rimane buia. Questo sogno mi faceva paura come me lo fa questa epoca pestilenziale.

C’è da dire che la paura è estremamente interessante (come diceva Hitchcock), ed infatti questo disco è interessante oltre ad essere profondamente bello e misterioso. Dato che pare dovremo adattarci alle grandi solitudini, Tierkreist sarà un buon compagno per rendere intense le nostre solitudini.

(video Furio Ganz)


Due appunti su “Mother Earth's Plantasia” by Stefano Mancuso

Che le piante siano, effettivamente, in grado di percepire il suono è un’acquisizione degli ultimi anni. Nel 2012, insieme a due colleghi, dimostrai che le radici delle piante erano in grado di percepire frequenze nell’intervallo fra 50 e 5000 Hz, rispondendo in maniera opportuna ai diversi suoni. I 200 Hz, ad esempio, rappresentando la frequenza sonora di picco nel suono dell’acqua corrente, piace moltissimo alle radici, che si dirigono verso la sorgente del suono senza indugio. Frequenze diverse, soprattutto quelle più alte, sono, al contrario, non molto gradite alle piante. Il suono delle vibrazioni delle ali degli insetti o dei loro richiami, di solito piuttosto acuto, è avvertito, infatti, dalle piante come pericoloso. La capacità delle piante di rispondere alle onde sonore nel loro ambiente è molto più diffusa di quanto pensiamo e numerose specie hanno sviluppato una serie di strategie per sfruttare il suono. Ad esempio, circa 20.000 specie vegetali diverse sono in grado di rilasciare il polline dai fiori solo quando sentono la corretta frequenza del suono prodotto dalle ali del proprio insetto impollinatore Su queste basi, non è sorprendente che in molti abbiano pensato ad una diretta influenza della musica sulla crescita delle piante.

Mother Earth's Plantasia è, senza dubbio, la realizzazione più straordinaria ed affascinante mai prodotta in questo senso. Warm earth music for plants... and the people who love them, è questo il sottotitolo del disco: musica per le piante e per chi le ama e Mort Garson ne era davvero convinto. Alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, da giovane ricercatore, partecipavo ad un convegno sulla fisiologia delle piante a Edimburgo. Avevo appena parlato delle capacità di senso delle piante, fra i mugugni e la disapprovazione della maggior parte dei miei colleghi più anziani. Ero giovane e piuttosto abbattuto per le critiche ricevute, quando un signore, a me totalmente sconosciuto, mi si avvicinò per complimentarsi e per assicurarmi che il mondo vegetale era perfettamente in grado di apprezzare la musica: era Mort Garson. Si presentò come “musicista” e mi raccontò delle sue musiche scritte “per le piante”. Mi raccontò che aveva collaborato con dei botanici per la scrittura di Mother Earth's Plantasia e che gli effetti sulle piante erano indubitabili.

Qualche settimana dopo ricevetti in laboratorio un pacchetto contenente il suo disco e una gentilissima lettera in cui mi pregava di sperimentare le sue musiche sulle piante. Non l’ho fatto, mi sembrava una perdita di tempo. Ho anche perso nei traslochi lettera e disco. Non avevo alcuna idea di che razza di musicista fosse Mort Garson e della sua leggendaria carriera. Quando lo scoprii era troppo tardi (Garson è morto nel 2008) per fargli sapere che aveva ragione. Così, quando Enrico Gabrielli – co-fondatore di questa collana – mi ha scritto chiedendomi “due righe” su Mother Earth's Plantasia mi è sembrato di poter, in qualche modo, utilizzarle per ricordare quell’insolito incontro e per ringraziare Mort Garson della sua gentilezza e per la sua intuizione sulle capacità delle piante. Ascoltate questo disco insieme alle vostre piante e ne uscirete tutti più felici.

The notion that plants can effectively detect sound is a recent acquisition. Together with two colleagues of mine, I was able to demonstrate in 2012 that the roots of plants can perceive frequencies sitting between 50 and 5000 Hz, and respond to them accordingly. For instance, 200 Hz is a pleasant frequency for roots, as it represents the sound peak for a water stream, thus stimulating them to direct themselves towards that sound source. On the other hand, other—usually higher—frequencies are much less pleasant for plants. The vibrations of a bug’s wings, or their calls, which are usually high pitched sounds, is in fact perceived as dangerous by plants.

Plants’ ability to respond to the different sound waves of their environment is much more widespread than we think, and some of them have developed a set of strategies to exploit sound sources. For instance, 20,000 different species release their pollen only when they hear the correct frequency corresponding to the vibrations emanating from the wings of their selected pollinator.

On these premises, it shouldn’t surprise that a few people have supposed a direct influence of music on the growth of plants. Mother Earth's Plantasia, is without a doubt the most fascinating example of this way of thinking. Its subtitle reads Warm earth music for plants... and the people who love them: Mort Garson was truly convinced about this theory.

At the end of the 90s, I was a young researcher attending a panel on the physiology of plants in Edinburgh. I had just delivered a speech on the sensory abilities of plants, which was met with my older colleague’s disapproval, when someone I didn’t know came up to my disheartened self to share his compliments and confirm plants are absolutely capable of appreciating music played to them. His name was Mort Garson. He told me he was a musician and that he had written music specifically for plants, as he collaborated with some botanists on a project called Mother Earth's Plantasia. He was in no doubt that the effects of music on plants are noticeable.

Some weeks later, I received at my lab a parcel with his album and a nice letter inviting me to play his music to our plants. I didn’t do it, as I deemed it a waste of time. I even ended up losing both the letter and the album when I moved house. At the time, I didn’t know what an amazing artist Mort Garson was and what a legendary career he had. When I discovered about him, it was too late to let him know how right he was: he passed away in 2008. So when Enrico Gabrielli—the co-founder of this album series—got in touch to ask me a few words on Mother Earth's Plantasia I thought this could be the occasion to somehow remember that odd encounter and thank Mort Garson for his kindness and his intuition on the acoustic abilities of plants. I invite you to listen to this album together with your plants: you will all come out of it much happier.

19m40s_03s: Google Bach by 19'40"

E, F, S, T

E, F, S, T

Parliamo di uscita speciale, quella realizzata dal nostro Francesco Fusaro per i nostri cari abbonati Moderato e Presto.


Il 21 marzo 2019, Google ha pubblicato un Doodle dedicato a Bach, incoraggiando i giocatori a comporre una melodia in due misure a loro scelta. Con la semplice pressione di un pulsante, Doodle utilizza quindi l'apprendimento automatico per armonizzare la melodia personalizzata nello stile musicale distintivo di Bach.
Quindi, seduto in un ufficio di Google a Londra, il nostro Francesco ha scelto una tonalità per ciascuna delle quattro persone che compongono 19'40" e ha scritto alcune melodie per ciascuna di esse.
Ha quindi trasferito i file MIDI in Ableton, li ha messi insieme e ha scelto quei suoni del popolare software di composizione che più gli ricordavano noi quattro. Il risultato sono 4 piccole miniature musicali che omaggiano lo stile di Bach, così come altre composizioni di 19’40". Per quanto riguarda il formato, ha scelto un CD in miniatura, perfetto per ospitare musica di così breve durata.
Le composizioni esistono in notazione tradizionale e potrebbero essere suonate anche da un quartetto d'archi... chissà se ad un certo punto non usciremo anche con quella versione…

19m40s_03s 1.png

Il Picchio di Sebastiano De Gennaro by Sebastiano De Gennaro

Cosa poteva essere per l’ominide nella preistoria il suono? La percezione del suono ed il suo utilizzo? Non lo sappiamo, o lo sappiamo in parte. Probabilmente passava attraverso la voce, ma contemporaneamente, e forse prima, era la percussione.
Forza gravitazionale: è in questa attrazione naturale della terra che si spiega e si manifesta il gesto del percuotere, ciò che permette di percepire il peso, la caduta ed il suono. Un processo che sul nostro pianeta si ripete ogni momento, da sempre, e che effettivamente può esser considerato l’origine più remota ed arcaica della musica.

Prendiamo ad esempio un animale, il Picchio. La sua percussione è rapida e precisa come se fosse quantizzata da un software ‘beat detective’, è scandita nel tempo con pause non casuali, il timbro varia se il picchio batte sul legno, sul metallo o sulla pietra; è un linguaggio complesso, so che è estremamente antico eppure suona alle mie orecchie spaventosamente moderno. Così è proprio il percuotere del picchio ad essere la perfetta metafora per descrivere ciò che è questo disco: una raccolta di forme e linguaggi musicali complessi che adoperano il mezzo primitivo della percussione.    
Percussione ed elettronica, un meraviglioso connubio di genesi e sviluppo, il senso del tempo, l’origine e l’evoluzione.

 

Il Picchio, l’imminente terza uscita 19’40”, è un disco a cui pensavo da tempo, un’impresa che finalmente realizzo: raccogliere cinque composizioni per percussione sola ed elettronica di autori viventi ed in attività (alcuni molto giovani) che nel DNA contengano il gesto primordiale della percussione ed il suono evoluto dell’era digitale. Louis Andriessen, David Lang, Edmund Campion, Nikolay Popov ed Enrico Gabrielli (la cui composizione Coppia di Allotropi del 2017 prende forma per la prima volta su questo disco) sono i protagonisti de Il Picchio ed assieme alla loro rara e bellissima musica, hanno dato concretezza a quest’opera il violino e la viola di  Yoko Morimyo, il mix di Roberto Rettura, i disegni di Pietro Puccio, le parole e le idee di Francesco Fusaro.

Sebastiano de Gennaro

The Teeth of the Cow by Sebastiano De Gennaro

George Hamilton Green (1893 – 1970), musician, composer, Foley artist, cartoonist, xylophone virtuoso: the seventh issue by 19'40'' will be dedicated to the music of this gifted, if rather obscure, artist.

But let's start from the beginning, from 1916 America, when George Hamilton and his brother Joe, a musician as well, leave native Omaha (Nebraska) to embark on a tour of their nation that will see them performing a vast repertoire of music, ranging from salon waltzes to show tunes, along with unpredictable reinterpretations of classical and ragtime music. In 1917, the Green Brothers arrive in New York City: George manages to establish himself as one of the most praised xylophone virtuosi of his time, attracting the attention of Edison who signs him to his label. Green's records skyrocket during this period: apparently, his discography sits at around a thousand albums. In the Roaring Twenties, his fame is also helped by the popularity of his song Alabama Moon, graced by the voice of Gladys Rice.

In September 1928, Green records the sound effects of the first short animation film by Walt Disney, Steamboat Willie, where the soon-to-be Mickey Mouse plays the xylophone on a cow's teeth. From then on, the sound of the xylophone would always be associated with the world of cartoons. 

George Hamilton Green was a mysterious genius: as the role of big bands became more prominent during the swing era, his music career progressively faded away. He abruptly gave up with music in 1946, in the middle of a radio session: apparently, he placed his mallets back and just left the studio. But the real surprise came after that episode: Green turned out to be a proficient cartoonist, a new career that would see his publications regularly appear on the Saturday Evening Post and Collier's. He would die Woodstock in 1970.

The Teeth of the Cow will be released on the 7th of December 2018, at 7:40 pm GMT+1. 

George Hamilton Green (1893 – 1970), musicista, compositore, rumorista, cartoonist, virtuoso dello xilofono; la settima uscita 19’40” sarà dedicata alla musica di questo tanto oscuro quanto geniale artista. 

Ma partiamo dall'inizio, dagli Stati Uniti d'America del 1916: George Hamilton ed il fratello Joe, a sua volta musicista, partono da Omaha, Nebraska, per un tour del proprio paese che li porterà ad esibirsi assemblando e suonando un vastissimo repertorio per due xilofoni: valzer da saloon, canzoni popolari, mirabolanti trascrizioni di brani classici, ragtime. Nel 1917 i Green Brothers approdano a New York e George si afferma come uno dei virtuosi dello xilofono più straordinari dell’epoca: Edison lo mette sotto contratto e si moltiplicano così le incisioni che lo vedono protagonista (si dice che esse superino il migliaio). Negli 'Anni ruggenti', la sua fama cresce anche grazie alla canzone Alabama Moon, da lui composta e cantata da Gladys Rice. 

Nel settembre del 1928 Green registra gli effetti sonori del primo cartoon di Walt Disney: Steamboat Willie, dove il futuro Mickey Mouse suona lo xilofono sui denti di una mucca. Da quel momento in avanti la musica per questo strumento sarà per sempre associata all’immaginario dei cartoni animati. 

George Hamilton Green era un misterioso genio: con l’avvento della musica delle grandi orchestre swing la sua carriera comincia ad incrinarsi e nel 1946 decide di smettere di suonare in pubblico. Lo fa improvvisamente, interrompendosi durante una diretta radiofonica, posando le bacchette ed andandosene senza tante spiegazioni. La vera sorpresa arriva dopo questo episodio: negli ultimi ventiquattro anni della sua vita Green si scopre un grande talento del fumetto, comincia una seconda carriera di cartoonist, finendo per pubblicare costantemente le proprie strisce sul Saturday Evening Post e Collier’s. Morirà a Woodstock nel 1970.

The Teeth of the Cow uscirà il 7 dicembre 2018, alle 19:40 ora italiana.

Music for Birds? by Francesco Fusaro

Wow, it's that time already! Yep, time for more shameless self-promotion! We are about to release our third issue by Sebastiano De Gennaro, and we are so excited about it, we thought about sharing with you the (almost) ornithological introduction by our own Francesco Fusaro. If you haven't got yourself a subscription yet, you can still consider buying one directly from our shop. If you subscribe now, you will receive Il Picchio, Histoire du soldat and the next 1 to 4 releases, depending on the subscription of your choice. Now, over to Francesco:

Woodpeckers are the percussionists of birds. They do have their own calls and songs, but those funny flying creatures are definitely infamous for their drumming, which can be surprisingly loud. (Bet their winged neighbours don't get on with them) So the name of Sebastiano De Gennaro's own recording for 19'40'' should come as no surprise, given that he is, in fact, the ‘woodpecker’ of Italian musicians. In fact, the classical-trained, former punk rocker from Brianza (Stendhal's favourite corner of the Peninsula) had already proven his love for Avifauna in the past: Ornithology, out of his underrated All My Robots album, is a tribute to that other environmentalist in disguise, Olivier Messiaen, who penned several birdsong-inspired compositions, including his famous Le réveil des oiseaux and Catalogue d'oiseaux.

In its long history, classical music has had quite a thing for ornithology: from plane imitation (think of Vivaldi's cuckoo in his Concerto in A Major RV 335, or Sergei Prokofiev's quacking oboe in Peter and the Wolf) to sampling (Respighi's I pini di Roma is thought to be one of the earliest examples), birds have extensively populated the work of many composers, to the point that we now have a branch of musicology dedicated to the study of the music of animals, zoomusicology, in which our lovely Avifauna holds a big stake. So, next time you hear a woodpecker distinctive sound, think of it as the latest addition to the family, thanks to Sebastiano De Gennaro (and Louis Andriessen)... “Now give the drummer some!”

Wow, è già l'ora di fare un po' di svergognata autopromozione! Siamo infatti in dirittura d'arrivo con la nostra terza uscita ad opera di Sebastiano De Gennaro e siamo così emozionati all'idea che abbiamo pensato di condividere l'introduzione (quasi) ornitologica che il nostro Francesco Fusaro ha scritto per l'occasione. Se non hai ancora acquistato un abbonamento, puoi sempre pensare a come spendere i tuoi soldi dando un'occhiata al nostro shop. abbonandoti, potrai ricevere direttamente a casa Il Picchio, Histoire du soldat e l'uscita successiva (o le 4 successive, a seconda della tua eventuale scelta). Ora la parola a Francesco:

I picchi sono i percussionisti del mondo volatile. Come gli altri loro colleghi, hanno anch'essi vari richiami sonori e canti, ma sono sicuramente più famosi per il loro martellamento, che sa essere piuttosto rumoroso (c’è da scommettere che non vanno particolarmente d’accordo con i loro vicini di casa). Quindi il titolo della nuova uscita di Sebastiano De Gennaro per 19’40’’ non dovrebbe sorprendere, essendo il nostro il ‘picchio’ dei musicisti italiani. In effetti, questo ex punk di formazione classica dalla Brianza (amatissimo angolo italiano del buon Stendhal) aveva già dimostrato il proprio amore per l’Avifauna in passato: Ornithology, brano incluso nel suo sottovalutato disco All My Robots, è un tributo ad un altro ambientalista sotto mentite spoglie, Olivier Messiaen, il quale a sua volta ha scritto diverse composizioni ispirate al canto degli uccelli, fra le quali Le réveil des oiseaux e Catalogue d'oiseaux.

Nella sua lunga storia, la musica classica ha sempre provato un certo che per l’ornitologia: dall’imitazione pura (pensiamo ad esempio al canto del cuculo nel
Concerto per violino in la maggiore RV 335 di Vivaldi, o l’anatresco oboe usato da Prokofiev nel suo Pierino e il lupo) all’uso di registrazioni (I pini di Roma di Respighi sembra essere uno dei primi esempi attestati), gli uccelli hanno ampiamente popolato le opere di molti compositori, al punto da stimolare la creazione di una branca della musicologia dedicata allo studio della musica del mondo animale, la zoomusicologia. Dunque, la prossima volta che sentirai il riconoscibile suono di un picchio, pensalo come ad una recente aggiunta al catalogo dei volatili amati dai compositori, grazie a Sebastiano De Gennaro (e Louis Andriessen)... “Now give the drummer some!

Stravinsky, Histoire du Soldat by Francesco Fusaro

Time for some shameless self-promotion! The second installment in our recording series will be released on the 2nd of April 2017. You can still subscribe to receive our very first issue, Progetto Generativo by Enrico Gabrielli and Esecutori di Metallo su Carta, so what are you waiting for? April is around the corner!

OK, now back to the topic: Histoire du Soldat by that music giant, Igor Stravinsky. Yes, that's going to be our second release and it's going to be sung in Italian and paired up with its own beautiful graphic design... Gosh, we've been dragged away by some more self-promotion... Histoire du Soldat, that's right, thank you! 

Histoire du Soldat was composed in 1918 during Stravinsky's exile in Switzerland. Loosely based on a folk tale by Alexander Afanasyev, the libretto was written in French by Charles-Ferdinand Ramuz and is tinged with Faustian references: A humble Soldier is seduced by the Devil, who wants to steal his soul. For Italian musicologist Paolo Petazzi, “[Histoire du Soldat] could be understood as a parable of the migrant that is cast by the Devil to lose his fatherland every time he believes he has found one: an updated version of the theme of the Wanderer”. A very current topic, indeed.

Histoire du Soldat was conceived by Stravinsky in a period of economic hardship after world War I. Unfortunately, it didn't go further than its premiere, which took place in Lausanne on the 28 September 1918, with Stravinsky's friend Ernest Ansermet as conductor. Nonetheless, the piece was to become a staple of the Russian composer's repertoire, thanks to a symbolism that easily appeals to both young and mature audiences. It has been performed widely in Italian too: we shall at least name Paolo Poli and Giancarlo Giannini's renditions, together with a 1967 broadcast by the RAI, the Italian public television company.

Esecutori di Metallo su Carta's Italian Histoire trades the original dance action with some beautiful illustrations by Olimpia Zagnoli and the voice of Stefano Panzeri. This version was premiered at the Fuck Bloom? Alban Berg! 2015 festival in Mezzago, in the North of Italy, and then brought to Contemporarities 2016 festival in Milan, with Marcello Corti as conductor.

Histoire du Soldat @ Santeria Social Club

È ora di fare un po' di svergognata autopromozione! La seconda uscita della nostra collana discografica è prevista per il 2 aprile 2017. Sei ancora in tempo per abbonarti e ricevere la prima uscita, Progetto Generativo di Enrico Gabrielli ed Esecutori di Metallo su Carta... che aspetti? Aprile è dietro l'angolo!

OK, ora torniamo a noi: Histoire du Soldat di quel gigante della musica che è Igor' Stravinskij. Questa è in effetti la nostra seconda uscita, cantata in italiano e con delle bellissime illustrazioni ad hoc... Ops, ci siamo persi di nuovo nell'autopromozione... Histoire du Soldat, esatto! Grazie!

Si tratta di un'opera composta da Igor Stravinskij nel 1918, durante l'esilio in Svizzera, su libretto in lingua francese di Charles-Ferdinand Ramuz. La storia, liberamente tratta da una racconto di Afanasjev legato a stretto filo con il mito di Faust,  parla di un Soldato insidiato da un Diavolo che vuole carpirgli l'anima. Citando il musicologo Petazzi, "fra le diverse interpretazioni simboliche, [l'Histoire] può essere intesa come la parabola dell'emigrè che per continue macchinazioni diaboliche perde la patria tutte le volte che crede di averla ritrovata: versione aggiornata e ammodernata del motivo dell'Errante" e, aggiungiamo noi, dunque motivo estremamente attuale.

La genesi di tutto risale alla fine della Grande Guerra, con uno Stravinskij in ristrettezze economiche. Purtroppo, a causa dell'epidemia di spagnola che in quel periodo imperversava in Europa, le repliche previste furono annullate e le rappresentazioni si limitarono solamente alla prima, avvenuta a Losanna il 28 settembre 1918, sotto la direzione dell'amico Ernest Ansermet. In seguito sarebbe diventato un brano eseguito di frequente per la sua simbologia in grado di arrivare ad un pubblico indifferentemente grande o piccolo, oltre che cavallo di battaglia per attori (memorabili le interpretazioni in lingua italiana di Paolo Poli e di Giancarlo Giannini) e occasioni di incontro in ambito puramente teatrale (come l'allestimento della RAI del 1967).

La versione degli Esecutori di Metallo su Carta, vede, al posto della danza (prevista nell'originale), l'utilizzo del disegno dal vivo della disegnatrice Olimpia Zagnoli e la voce recitante di Stefano Panzeri. Questo è la stessa versione data in prima assoluta a Fuck Bloom? Alban Berg! 2015 (rassegna di musica attuale al Bloom di Mezzago) e in seguito replicato a Contemporarities 2016 (rassegna di musica classica e contemporanea a Santeria Social Club di Milano), con direttore Marcello Corti.