18_Call for Scores press release by 19'40"

19’40’’ RIDISEGNA LA MUSICA CONTEMPORANEA

MILANO - 18 agosto 2022 Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro, con la collaborazione di Yoko Morimyo, presentano Call for Scores, la diciottesima uscita della collana discografica anticlassica in abbonamento 19’40’’. L’album include quattordici tracce inedite di quattordici compositori selezionati per il primo Call for Scores internazionale di 19’40’’.

Da sinistra, Carlotta Raponi, Roberto Benatti, Enrico Gabrielli, Angelo Maria Santisi in PInocchio

Il CD da collezione, in tiratura limitata e numerato a mano, è il punto di arrivo di un progetto durato due anni: l’obiettivo è quello di offrire un’istantanea del sottobosco compositivo indipendente italiano ed estero. Al bando del Call for Scores hanno risposto più di cento compositori da tutto il mondo, inviando lavori in una delle tre categorie proposte: brano originale, trascrizione o sabotaggio di un lavoro preesistente. Le partiture ricevute dovevano avere la durata di circa 194 secondi, più o meno il tempo di una canzone pop, ed essere scritte specificamente per l’ensemble Esecutori di Metallo su Carta e il suo organico.

“Il cortometraggio, il racconto, la forma breve: tre minuti e mezzo sono un bel campo di gioco per un compositore, perché quando sei bravo te la cavi anche nel terreno aforistico. Il tempo, cari miei, è prezioso. A volte non è necessario sprecarlo in forme ampie e non è fondamentale caricare l’ascoltatore di una grammatica satura. Diamo spazio a più voci e diamo modo di cambiare scenario. Buoni ascolti.”

Enrico Gabrielli

Il CD, in esclusiva per gli abbonati di 19’40’’.

Call for Scores è l’incontro di compositori con storie e provenienze estremamente diverse: pescando ad occhi chiusi, nello stesso album troviamo lavori di Vincenzo Parisi, vincitore del primo premio al Concorso di Composizione del Conservatorio di Milano, Francesco Bucci, trombonista nel trio metal Ottone Pesante, Lucia D’Errico, ricercatrice presso il Mozarteum di Salisburgo e Fabio Cuccu, chitarrista e frontman di un gruppo prog-rock, i The Sundering. Le quattordici tracce raccontano in pochi secondi altrettanti universi sonori: ogni brano è un mondo, una scoperta, un linguaggio e una sensibilità diversi. Sono presenti inoltre lavori di Simone Farò, Andrea Sommani, Alice Hunter, Antonio Della Marina, Pietro Dossena, Matteo Minotto, Dario Gatto, Alvise Zambon, Julene Elorduy e  Alan Abd El Monim. 

Gli Esecutori di Metallo su Carta in Pinocchio!

Esecutori di Metallo su Carta è la formazione da camera fondata da Gabrielli e De Gennaro nel 2016 e specializzata nell’accompagnamento di artisti rock e indie, nell’incisione di colonne sonore per film e videogiochi, nell’esecuzione di progetti e performance uniche ed interdisciplinari con particolare attenzione al repertorio contemporaneo. Esecutori di Metallo su Carta collabora dal vivo con numerosi artisti quali Andrew Quinn, Olimpia Zagnoli e Pietro Puccio. Esecutori di Metallo su Carta ha accompagnato Francesco Bianconi, Dente, Baustelle in eventi live ed incisioni, calcando sia i grandi palchi del circuito rock nazionale (Miami Festival, Santeria, BLOOM), sia i più affascinanti luoghi della cultura (Biennale di Venezia, Chiostro di Santa Maria Novella di Firenze, Palazzo Reale di Milano).

Per avvicinare il pubblico all’ascolto della musica contemporanea, 19’40’’ ha realizzato una guida all’ascolto pubblicata sul proprio blog (www.19m40s.com/blog) e sta lavorando alla realizzazione di un podcast che uscirà nei prossimi mesi. 19’40’’ sta inoltre organizzando diversi eventi di presentazione nel centro e nord Italia. Il 31 agosto a Merate (www.festivalagnesi.it) e il 22 settembre presso Santeria di Viale Paladini a Milano, Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro e Marcello Corti introdurranno l’ascolto di Call for Scores, accompagnando il pubblico alla scoperta della bellezza della musica contemporanea. 

Gli Esecutori di Metallo su Carta in Le Carnaval des Animaux. Da sinistra, Yoko Morimyo, Sebastiano De Gennaro, Alessandro Trabace, Clara Cavallerterri, Marcello Corti, Enrico Gabrielli, Marcella Schiavelli

Il CD sarà inizialmente disponibile solo per gli abbonati a 19’40’’ (www.19m40s.com/shop-subscriptions). È possibile inoltre ascoltare Call for Scores e l’intera discografia di 19’40’’ su Bandcamp (19m40s.bandcamp.com). Sarà inoltre possibile acquistarne una copia durante gli eventi di presentazione, o in occasione dei concerti live di Esecutori di Metallo su Carta.

19'40'' è una collana discografica su abbonamento di musica anticlassica: un repertorio che potrebbe un giorno uscire dall'alveo della sperimentalità per divenire  un classico in tempi futuri. Ogni quattro mesi, 19’40’’ produce un CD e ne invia una copia, numerata a mano, agli abbonati. Nel suo catalogo esplora grandi classici come The Planets di Holst o Histoire du Soldat di Stravinskij, la graphic notation di Cornelius Cardew, le colonne sonore di serie tv o di videogiochi, come nel caso di At the gates of the Twilight Zone o Ghosts Goblins Ghouls. Non ci sono limiti alla curiosità e all’eclettismo di una delle esperienze musicali più alternative d’Italia.

Esecutori di Metallo su Carta
Marcello Corti, direttore

Carlotta Raponi, flauto e flauto basso
Enrico Gabrielli, clarinetto, clarinetto basso, sax alto e sax tenore
Yoko Morimyo, violino e viola
Camillo Vittorio Lepido, violoncello
Maxine Gloria Rizzotto, pianoforte e toy piano
Roberto Benatti, contrabbasso
Sebastiano De Gennaro, percussioni, Roland Juno-6
Francesco Fusaro, elettronica

Registrato presso i Laboratori Testone (Milano) da Carlo Madaghiele il 28 e 29 marzo 2022 e presso il Black Bear Studio (Lissolo, La Valletta Brianza, Lecco) da Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro e Marcello Corti il 5 aprile e il 6 maggio 2022. Mix realizzato presso i Laboratori Testone da Carlo Madaghiele e Master realizzato presso Lo Studio Spaziale (Bologna) da Roberto Rettura. Artwork di Annalisa Nali Limonta

Call for Scores - Capitolo 11 - Scherzetto di Julene Elorduy by Marcello Corti

Scherzetto è un brano di Julene Elorduy per viola e violoncello. Formalmente siamo di fronte a uno scherzo molto breve in cui la tripartizione e lo schema ABA sono decisamente evidenti. La sezione centrale, dal carattere più lirico e disteso, ben contrasta con la prima e l’ultima parte. Elorduy, compositrice spagnola residente a Bilbao, costruisce una pagina di musica leggera sotto tutti i punti di vista: l’organico, estremamente ridotto, il ritmo, sfuggente e l’abbondanza di pizzicati e di armonici rendono Scherzetto un compendio essenziale di composizione.

Il brano si apre con l’esposizione del materiale tematico da parte della viola sola: la sua melodia è in tempo ternario, molto rapido e saltellante. Il violoncello interviene quale basso e accompagnamento giocando tra pizzicato e colpi d’arco. Un lungo passaggio di armonici interrompe l’andamento ritmico: viola e violoncello sembrano andare a ripescare tra la polvere l’antica pratica del contrappunto. Le note si fanno opache e semitrasparenti: il suono dell’arco che scorre sulla corda rende farinoso e poco definito tutto questo passaggio centrale. Gradualmente viola e violoncello ritrovano pienezza sonora. La compositrice espone nuovamente il materiale tematico iniziale per concludere con una dichiarazione decisa: forse siamo in Re Maggiore.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Scherzetto ci ha convinti per via della sua estrema concentrazione e sintesi. La compositrice riesce in un’operazione a noi molto gradita: liberarsi dei fronzoli. Il materiale tematico è ridotto ai minimi termini, così come l’organico. L’opera di miniaturizzazione di Elorduy permette all’ascoltatore di vedere le ossa attraverso la pelle sottile della partitura: la struttura del brano è particolarmente evidente grazie a una scrittura scarna ed essenziale.

Inoltre Scherzetto è una lettura sul futuro più nostalgica rispetto agli altri brani inseriti nel Call for Scores. Se infatti tanti compositori richiamano e rielaborano le forme classiche, Elorduy sembra invece dichiarare la sua adesione ad un modello estetico per lei ancora valido e vivo. La forma non è retaggio, ma attualità.

In fin dei conti i principi alla base della forma sono sempre quei tre: data un’idea musicale antecedente, il conseguente può esserne o la negazione, o la ripetizione o l’evoluzione (A-B oppure A-A oppure A-A’). Le possibilità compositive apparentemente infinite sono invece limitate a tre soli interventi: comporre altro non è che ripetere, cambiare o sviluppare. Tanto vale non solo riprendere le forme del passato, ma viverle nella loro supposta contemporaneità, non essendoci molte altre possibilità.

Chi è Julene Elorduy?

Julene Elorduy è una compositrice spagnola nata a Bilbao nel 1982. Ha completato gli studi di composizione nel 2018 presso il Conservatorio Superiore di Musica di Navarra (CSMN). Si è formata sia in pianoforte classico che in pianoforte jazz presso il Conservatorio Juan Crisóstomo di Arriaga e il CSMN. Dal 2013 lavora allo sviluppo di un proprio sistema compositivo, denominato “Arborescent System of Secondary Dominants”. Questo progetto è stato riconosciuto con il CSMN's Award of Excellence in Research Opera nel 2018 e, grazie a questo, si trova tra le pubblicazioni del conservatorio. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Music Research presso l'Università Internazionale di La Rioja nel 2019. Inoltre, Julene ha una laurea in design presso la Elisava School of Design (UPF, 2004) e attualmente combina il suo lavoro di insegnamento in diversi centri musicali con la progettazione grafica dentro e fuori dal campo musicale.

Un po’ di ascolti

Lo Scherzo dall’Eroica e quello da Sogno di una notte di mezz’estate sono noti a tutti. Potete ascoltare qualcosa di insolito sfruttando qualche link in calce:

Holst G. - Scherzo uno dei lavori minori di Holst: una composizione poco conosciuta, imperfetta ed insolita, così come il compositore stesso.

Berio scomoda un bel gruppo di compositori per “resuscitarli”. Uno scherzo “che scorre placido” da ascoltare.

Shostakovich scherza con il violino.

Mozart scherza: e lo fa prendendo in giro il classicismo, le forme e i cliché (anche se non è uno Scherzo).

Rossini mette a dura prova le bande di paese.

L'artwork di 19m40s_18: Call for Scores by Marcello Corti

L’artwork completo di Nali per 19m40s_18: Call for Scores

L’artwork di 19m40s_18:Call for Scores è realizzata da Annalisa Nali Limonta. L’illustrazione è una tecnica mista su cartoncino in pezzo unico realizzato in penna a inchiostro e acquarello. Raffigura diversi volti incastrati tra loro. Il bordo superiore dell’opera è strappato dall’artista mentre i bordi inferiori e laterali sono lineari.

L’origine di questa copertina risale ad aprile 2022: durante una delle recording session presso il BlackBear studio, Marcello Corti e Sebastiano De Gennaro, dopo aver litigato per ore con il brano di Alice Hunter, stavano discutendo su a chi affidare l’art dell’uscita. Appeso a un muro dello studio c’era un piccolo disegno su cartoncino grigio raffigurante tante facce incastonate (foto sotto). L’immagine sembrava adatta a descrivere una raccolta di lavori di tanti diversi compositori, molti dei quali mai si erano incontrati, nemmeno in una registrazione.

L’artwork di Nali appeso al BlackBear Studio da cui tutto è partito

“Potrebbe essere quella la copertina!” “È un disegno che mi ha regalato Nali!” ha risposto Seba. Qualche settimana dopo, una volta approvata la scelta dalla crew al completo, abbiamo contattato Annalisa Limonta: le abbiamo chiesto il permesso di utilizzare l’illustrazione fortuitamente individuata. Nali ci ha raccontato che il disegno era nato in un momento di relax e che era stato realizzato sul retro di una scatola di gelati, non proprio il supporto più adatto: lei stessa avrebbe preferito elaborare qualcosa di nuovo che potesse dare un’evoluzione al lavoro originario ed essere più adatto ai nostri scopi.

Dal momento che abbiamo rinunciato anni fa al nostro diritto all’oblio, abbiamo scavato nel gruppo whatsapp dell’Associazione Esecutori di Metallo su Carta. Il primo screen risale al 6 maggio 2022: è esattamente in questa data che la proposta di utilizzare il lavoro di Nali viene ufficialmente approvata. Il secondo screen invece risale al 10 maggio: Sebastiano aveva inviato un piccolo spoiler del lavoro, ancora in fase di elaborazione. La copertina della 18esima uscita di 19’40’’ stava prendendo forma. La foto di Enrico è invece stata scattata ancora il 6 maggio durante l’ultima recording session al Blackbear Studio. Se guardate bene appesi al muro trovate dei pezzetti di storia di 19’40’’: la copertina ed un’illustrazione interna di Chino Goia Sornisi, la locandina di ContempoRarities del 2017 presso il Santeria Toscana 31, due illustrazioni di Nali e, sul tavolo. una lasagna vegetariana.

Meno di una settimana dopo avevamo tra le mani l’artwork che è diventato all’unanimità il progetto definitivo: sguardi diversi, potenti, a contatto ma allo stesso tempo diversi, confini netti ma condivisi, un gesto meta-illustrativo che sembra sfondare il foglio di carta per comunicare in prima persona con l’osservatore. Bello, semplice, originale e soprattutto ricco di significanti: i significati sono invece appannaggio dell’osservatore. Abbiamo realizzato una scansione ad altissima qualità per cercare di mantenere invariati i colori. Quanto in alta qualità?

Nali ha già realizzato un artwork per 19’40’’: la linea grafica di Plantasia porta infatti la sua firma. Il nuovo lavoro di Nali è stato donato dall’artista a 19’40’’: Annalisa ha deciso di lasciare il ricavato dalla vendita di questo pezzo unico alla ricerca anticlassica che Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro portano avanti dal 2016. Grazie <3

Epilogo: forse siete sopresi dalla quantità di Recording Session che abbiamo dovuto tenere per questo CD. In totale sono stati quattro i giorni di sola registrazione: due programmati presso i Laboratori Testone di Tommaso Colliva, seguiti dallo splendido Carlo Madiaghele. Altri due invece presso il Black Bear Studio di Lissolo, seguiti dagli un po’ meno splendidi noi stessi. Nel booklet del libretto abbiamo riportato le diciture esatte:

Recorded at Laboratori Testone (Milano, Italy), by Carlo Madaghiele on March 28-29th, 2022

Recorded at Black Bear Studio (Lissolo, La Valletta Brianza, Lecco, Italy) by Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro and Marcello Corti on April 5th and May 6th, 2022

Dettaglio della firma di Nali sul retro dell’art

Manuale di Cinematografia per dilettanti - Vol.I by 19'40"

recording session della colonna sonora del “Manuale di cinematografia per dilettanti - vol.I”

Manuale di cinematografia per dilettanti – Vol. I è il nuovo film di Federico di Corato prodotto da ENECEfilm in associazione con Lab 80 film ed è tra i cortometraggi in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia - La Biennale di Venezia 2022, nella sezione "Orizzonti".

Sviluppato durante la seconda edizione di Re-framing home movies, il film è realizzato con i filmati del Fondo Augusto Gandini (1927-1942), raccolti da Archivio Cinescatti di Lab 80 film e le animazioni di Sara Galli. Il progetto ha altresì beneficiato del "Conseil à l’écriture pour les projets documentaires" dell'associazione francese Asso Vidéadoc .

Enrico Gabrielli ha composto le musiche eseguite dagli Esecutori di Metallo su Carta. Per l'occasione l'organico, tutto rigorosamente suonato dal vivo, è composto da Sebastiano de Gennaro alle percussioni ed elettronica, Elisa La Marca alla tiorba, Giulia La Marca al liuto, Enrico Gabrielli al flauto, clarinetto e organo. Il corpus comprende 15 brani brevi, dove la commistione tra elettronica, strumenti acustici a fiato, percussioni intonate moderne e strumenti a corda tipici della musica antica genera un particolare disorientamento che a tratti si ispira al lavoro di Toru Takemitsu, compositore giapponese noto anche per le collaborazioni con Akira Kurosawa.

La collana discografica 19'40'' pubblicherà la colonna sonora del Manuale di cinematografia per dilettanti - vol.1 in una futura uscita dedicata alla musica per immagini.

Presto verranno resi pubblici i giorni e gli orari della proiezione al Lido di Venezia: update in futuro qui

Call for Scores - Capitolo 10 - Shadows di Alan Abd El Monim by Marcello Corti

Shadows è una composizione di Alan Abd El Monim scritta nel maggio 2021. L’organico prevede solo tre strumenti: clarinetto, violino e violoncello. Oltre ad una breve legenda iniziale, non sono presenti introduzioni al brano curate dall’autore. Il brano è scritto in modo estremamente ordinato e pulito.

A colpo d’occhio la nostra idea era quella di essere di fronte ad un brano spettralista: certo, un’analisi superficiale, ma decisamente funzionale. Se masticate un po’ di pianoforte, saprete sicuramente che ad un primo sguardo Beethoven è riconoscibile da Mozart, da Haydn e, naturalmente, da Chopin, Debussy, Bartok. Ogni musicista con una forte identità compositiva ha anche una forte identità visuale. Ce ne siamo resi davvero conto bandendo il nostro primo Call for Scores: le composizioni più interessanti erano anche quelle banalmente più belle, più strutturate, con più identità grafica.

Un estratto da Talea di Gérard Grisey

C’erano però alcuni elementi che mancavano, tra cui la presenza, appunto, di uno o più spettri riconoscibili. Era una via sbagliata, nonostante la suggestione iniziale. ll mancato accostamento agli spettralisti ci ha però illuminati sebben in maniera tardiva: la breve analisi che segue, cui solo il compositore potrà dare conferma o smentita, non comparirà sul libretto del cd dal momento che è stata scritta solo nel mese di Luglio. Vogliate perdonare questo terribile ritardo: siamo però sicuri che succederà ancora per cui non vi chiediamo scusa.

Ombre, Luci e rifrazione

Shadowns è diviso in quattro parti. Nella prima sezione è evidente come Violino e Violoncello altro non siano che l’ombra proiettata del suono del clarinetto: i confini più sfocati e indefiniti dell’ombra sono probabilmente dovuti all’effetto fisico della rifrazione, ricreata dal compositore attraverso il pulviscolo di gruppi di trentaduesimi. In questa sezione il compositore sembra raccontare una situazione di pieno sole, dove le ombre sono comunque nette e definite. Attenzione però: quest’immagine, frutto solo di una nostra speculazione, non sarà percepibile all’ascolto, ma solo alla vista.

Un estratto di Shadows di Alan And El Monim

Nella seconda sezione abbiamo invece immaginato una situazione di luce completamente differente: le ombre sembrano più pallide, meno profilate e più confuse. È come se un velo di nuvole avesse coperto il sole: le situazioni di non luce sono molto simili a quelle di luce: i colori e le tonalità si confondono, perdono di nitore e di conseguenza lo stesso succede ai suoni.

La seconda sezione di Shadows

La terza sezione sembra invece descrivere una situazione ancora differente: le ombre e la luce si mescolano e diventano una cosa sola. Il clarinetto è un alone che emerge di tanto in tanto da una densa coltre di buio. Abbiamo immaginato che la luce sia in questo caso completamente assente e che l’occhio dell’osservatore fatichi a distinguere aloni di oscurità all’interno di un’ipotetica notte.

La terza sezione di Shadows (più lenta, quasi come un lamento)

La quarta ed ultima sezione è invece pervasa da ombre estremamente nette e contrastate. Abbiamo immaginato alla proiezione delle sagome di alcuni oggetti durante un temporale: il fulmine proietta confini netti e improvvisi che si stagliano con precisione nel buio. Possiamo fare un passo in più immaginando che il Jeté col legno altro non sia che il rumore lontano di un tuono. Il compositore stesso sembra suggerirci questa lettura indicando come Tempo di questa sezione “Come un fulmine”.

La sezione finale di Shadows (più rapida, come un fulmine)

Nello scrivere, ci rendiamo perfettamente conto che si potrebbe scavare molto di più nel lavoro di Abd El Monim: si potrebbe andare alla ricerca delle motivazioni dietro alla scelta delle singole note, si potrebbe cercare una correlazione tra le tessiture e la condizione di luce, si potrebbe scavare nell’utilizzo delle dinamiche a conferma o smentita dell’analisi di cui sopra. Si potrebbe infine andare alla ricerca di altri significati, diversi da quello individuato, e ampliare lo sguardo analizzando i lavori precedenti del compositore. Si potrebbe.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Shadows è un brano scritto molto bene: la partitura, la notazione strumentale, la coloristica e la densità sono alcuni degli aspetti che più ci hanno colpito. Non conosciamo altra musica di Alan Abd El Monim, ma da queste poche battute traspare non solo la ricerca di un percorso individuale che conduce a risultati sonori molto interessanti, ma anche una conoscenza approfondita degli strumenti musicali.

Shadows è una composizione che fin da subito ci ha colpito per via di una sua particolare densità o, come ha detto Enrico Gabrielli durante una delle nostre riunioni, per la sua apparente monocromia. In verità solo tardivamente abbiamo potuto immaginare che questo brano altro non sia che un catalogo di ombre e quindi di luce. Pieno giorno, cielo velato, notte e temporale sono i quattro capitoli di un piccolo poema sinfonico che in tre minuti scarsi affresca con gesto bello, intelligente, scaltro e brillante un fenomeno fisico che gli spettralisti avrebbero apprezzato solo da un punto di vista scientifico.

Bravo. bravo davvero.

Chi è Alan Abd El Monim?


Alan Abd El Monim, ha studiato ingegneria del suono e musica elettronica presso il SAE institute. Ha intrapreso gli studi di Composizione sotto la guida di Massimo Botter e di Composizione per la Musica Applicata presso la Civica Scuola di Musica “Claudio Abbado” di Milano. Si specializza frequentando costantemente Masterclass di Composizione. Ha iniziato la sua attività come fonico collaborando con lo studio di registrazione TDMC Recording Studio e Hiroshima Mon Amour di Torino. La sua ricerca musicale e indirizzata con particolare attenzione verso la Musica Contemporanea e l'utilizzo delle nuove tecnologie, dedicandosi alla Composizione di Musica Contemporanea e alla realizzazione di musica finalizzata all'interazione tra arti. Nel 2017 ha vinto il Concorso Internazionale di Composizione Silenzio Musica. Ha collaborato con l'artista Giovanni Oberti, scrivendo due brani dal titolo “Specchi” e “Noccioli” per la mostra personale “La pelle degli oggetti” (Galleria Milano 2019), ha iniziato una collaborazione con il poeta Milo De Angelis, musicando la lirica “A volte, sull'orlo della notte, si rimane sospesi” tratta dalla raccolta “Alfabeto del momento”. Sue musiche sono state eseguite in Rassegne e Festival fra le quali: Percorsi del Sentire – Riccione (Laura Catrani, voce); Luci d'Artista – Salerno, durante la quale ha musicato il monologo “La Maschera della Morte Rossa” commissione dell'attore Andrea Palladino.

Call for Scores - Capitolo 9 - JIN:GO!LOwBAH... di Vincenzo Parisi by Marcello Corti

Continua la serie di brevi articoli dedicati ai brani ricevuti e selezionati per il Call for Scores 2021 lanciato nel mese di marzo 2021 e in fase di conclusione.

JIN:GO!LOwBAH... di Vincenzo Parisi

JIN:GO!LOwBAH... è una composizione per sax contralto, viola, violoncello, udu e pianoforte verticale di Vincenzo Parisi. Questo lavoro è stato concluso a Milano “in una lunga notte nel maggio 2021”: era il 19, il giorno di chiusura del nostro Call for Scores. Vincenzo Parisi nell’introduzione alla partitura, presenta il suo lavoro con queste parole:

La composizione vuole essere una trascrizione-cocktail di alcune delle più celebri versioni della canzone di origine yoruba resa famosa nel 1960 dal percussionista nigeriano Babatunde Olatunji e contenuta nell'album Drums of Passion, per l'appunto Jin-Go-Lo-Ba. Cellule ritmiche e melodiche sono state trascritte e rimescolate cercando di far sì che l'inusuale organico di destinazione potesse riportare alla luce certi atteggiamenti sonori tipici del materiale di partenza pur in una nuova veste strutturale.

Le versioni da cui si è preso spunto sono:

- Babatunde Olatunji, Jin-Go-Lo-Ba, 1960
- Serge Gainsbourg, Marabout, dall'album "Gainsbourg Percussions", 1964
- Carlos Santana, Jingo, dall'album "Santana", 1969
- Fatboy Slim, Jin Go Lo Ba, dall'album "Palookaville", 2004

Un estratto della partitura di JIN:GO!LOwBAH... di Vincenzo Parisi

Nella copertina del brano inoltre Parisi si diverte a creare una Inception di trascrizioni dicendo che il brano in oggetto altro non è che Vincenzo Parisi's transcription of Fatboy Slim's transcription of Carlos Santana's transcription of Serge Gainsbourg's transcription of Babatunde Olatunji's transcription of Yoruba Traditional Song "Jin Go Lo Ba".

Partitura alla mano, a noi di 19’40’’ è sembrato immediato dire che JIN:GO!LOwBAH... è un Petit Concert per Udu ed ensemble in movimento unico. Questo particolare strumento a percussione sembra infatti essere il perno di tutto: Parisi stesso ne indica la collocazione nelle indicazioni iniziali prevedendo l’udu al centro, quasi fosse un pianoforte. Parisi è costretto a fare i conti con la dinamica tutt’altro che esplosiva dell’udu: la scrittura è molto attenta a valorizzare questo strumento elevandolo dalla suo naturale ruolo di accompagnamento fino a quella di solista.

Parisi esplora la notazione dell’udu e rivoluziona quella del Sax alto eliminando il pentagramma ed inserendo una lunga sezione notata su trigramma. La motivazione di questa elisione momentanea di righe è una delle nostre preferite: la comodità. L’intera partitura infatti è di facile accesso, di facile lettura e di facile comprensione: sono tutti sintomi di grande qualità compositiva e grande conoscenza degli strumenti musicali. Se poi sia anche di facile esecuzione, lo scopriremo nei primi giorni di febbraio.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Innanzitutto per l’udu: uno strumento decisamente insolito ma dalle ampie potenzialità. Sebastiano De Gennaro ne parla in questo video didattico realizzato nel maggio 2020. Il compositore sembra divertirsi scambiando di ruolo il pianoforte e l’udu: se il tamburo diventa solista, il pianoforte si fa macchina ritmica, batteria, accompagnamento a suoni determinati ma non troppo. Più di tutto ci ha convinto il grande pensiero che c’è dietro a JIN:GO!LOwBAH... . Parisi scava tra diverse stratificazioni storiche alla ricerca di elementi comuni, di caratteri distintivi e di segni particolari. Ricostruisce poi una fototessera che, più che catturare l’impressione del brano originale, ne dona una visione cubista, multiprospettica, multispaziale e, se vogliamo dirla tutta, anche multitemporale. È come se Rick&Morty avessero scelto di utilizzare la pistola dimensionale per riascoltare JIN:GO!LOwBAH... sovrapponendo alcuni dei diversi ed infiniti multiversi possibili.

Fantascienza? Divertimento? Pastiche? Non lo sappiamo, ma sappiamo che JIN:GO!LOwBAH... sarà uno splendido punto di incontro tra la musica colta contemporanea e le orecchie del nostro pubblico. Poi che cosa significhi musica colta noi non lo abbiamo ancora capito: forse tra qualche articolo, sciolte le dita e oliato il cervello, oseremo addentrarci in questo genere di disquisizioni.

Parisi inoltre con JIN:GO!LOwBAH... rivela di essere un inguaribile romanticone. Non in senso affettivo, ci mancherebbe, ma in senso strettamente musicale. Vincenzo racconta viaggi, racconta ricordi, racconta storie proprio come quel vecchietto rannicchiato ad un crocicchio di un piccolo paese austriaco: costui, dopo aver attraversato distese innevate e tempestose, dopo aver parlato con un corvo ed essere stato scacciato come un cane, si siede all’angolo della strada e suona il suo organetto.

Parisi sembra condensare in poco più di tre minuti un viaggio, tutt’altro che invernale, che muove i primi passi dalla profonda Nigeria e giunge al qui ed ora. Nelle ultime misure del suo piccolo grande lavoro, ci immaginiamo il compositore stesso all’angolo di una strada con in bocca un vecchio sassofono della Orsi, da ritamponare. Con nostalgia ripete incessantemente quelle poche note oramai entrate, contaminazione dopo contaminazione, a far parte della cultura umana. Ci guarda dal suo cantuccio e tra le gambe possiamo scorgere non un’organetto, ma un udu. Ci avviciniamo e riflettiamo un istante se domandare “Wunderlicher Alter, soll ich mit dir geh'n? Willst zu meinen Liedern deine Leier dreh'n?”, o se augurargli un semplice “Do not worry”.

Qualche curiosità in più su cosa è successo nei mesi scorsi

Cos’è l’udu in tre parole? È un tamburo senza membrane, una via di mezzo tra un idiofono ed un aerofono. Si presenta come un vaso di terracotta con un foro in più sul lato ed è originario della Nigeria. Si suona con una o due mani giocando sull’apertura più o meno completa dei due fori. Anche se è possibile avvalersi anche dell’utilizzo di una bacchetta lignea per avere un timbro ulteriore con cui giocare, l’udu si suona principalmente con le dieci dita. In Italia il più grande contributo alla fama dell’udu è stato dato da Fabrizio Jermano: lo potete ascoltare nella canzone di Fabrizio De Andrè “Le acciughe fanno il pallone”.

Nonostante l’udu sia uno strumento conosciuto dai percussionisti, il suo utilizzo nella musica colta contemporanea (vedi sopra) sembra comunque marginale se non completamente assente. Online ci sono delle piccole comunità. Ci siamo divertiti a cercare qualche registrazione vera dove fosse possibile ascoltare l’udu all’opera. Ne abbiamo trovate poche tra cui:

Evelyn Glennie: Her Greatest Hits
Evelyn Glennie
RCA Victor, 1997
Evelyn Glennie, percussionist
“Sorbet No. 3: Udu Trail” 1:55

Ghatam
Antenna Repairmen
M-A Recordings, 2000 (recorded 1995)
Robert Fernandez, M.B. Gordy, Arthur
Jarvenin, percussionists
“Ghatam” 51:02

Percussive Voices
Brian Melick
Hudson Valley Records, 2001
Brian Melick, percussionist
Shell Shock” 7:45
Udu Trance” 7:32
Conversations” 3:25

Planet Drum
Mickey Hart
Ryko, 1991
Udu Chant” 3:40
Sikiru Adepoju, Mickey Hart, Zakir Hussain, Airto Moreira, percussionists

Di opere per udu pubblicate non ce ne sono molte: Robert J. Damm, ha composto Udu Dances per udu solo per la Steve Weiss Music. Damm ha naturalmente dovuto confrontarsi con la notazione dell’udu scegliendo, a differenza di Parisi, di sfruttare un pentagramma. Restiamo aperti a suggerimenti da parte vostra su ascolti e partiture che ruotano attorno all’udu. Sarebbe bello poter abbinare al brano di Parisi, un MIXTAPE per avvicinare gli ascoltatori al suono, al mondo di questo noto ma non troppo strumento a percussione.

Attorno all’udu sembra comunque che ci sia una folta community di appassionati: tra questi si possono incontrare musicisti e costruttori. Uno di questi è Frank Giorgini: è considerato l’inventore dell’udu moderno. Giorgini haa appreso la tecniche tradizionale della ceramica nigeriana da Abbas M. Ahuwan nel 1974. Nel corso degli anni ha sviluppato molte innovazioni di design, ricerca sui materiali e diverse tecniche di cottura migliorando la qualità del suono, la durata e la versatilità di questo strumento. Frank ha introdotto l'udunegli Stati Uniti e attraverso i suoi sforzi il suono dell'uduha influenzato la musica moderna su scala globale. Alcuni udu realizzati da Frank Giorgini sono stati inseriti nella collezione permanente del Metropolitan Museum of Art di New York nel 1985.

Chi è Vincenzo Parisi?

Parisi in uno scatto di Stefano Michelin

Brillantemente diplomato in pianoforte sotto la guida di Irene Schiavetta, Vincenzo Parisi ha studiato lungamente con Massimiliano Damerini. Si è perfezionato inoltre con importanti pianisti contemporanei quali Aquiles Delle Vigne (Universität Mozarteum, Salzburg), Andrea Lucchesini, Antonio Ballista, Boris Petrushansky.

Ha studiato composizione prima con Fabio Vacchi e attualmente presso il Conservatorio “G. Verdi” con Mario Garuti. Ha studiato inoltre con Salvatore Sciarrino, Ramon Lazkano, Francesco Filidei, Mauro Lanza, Mark Andre, Gabriele Manca, Mauro Bonifacio (Accademia Filarmonica di Bologna).

Vincitore del 1° Premio al Concorso di Composizione del Conservatorio “G.Verdi” di Milano 2021.

Vincitore del 1° Premio al Concorso Internazionale “Jorge Peixinho” 2021 a Lisbona indetto dal Grupo de Musica Contemporanea de Lisboa.

Finalista al Concorso Internazionale “Macerata Opera Festival 2019” per la scrittura di un’opera di teatro musicale insieme alla regista Hannah Gelesz.

La sua musica è stata diretta da importanti direttori quali Yoichi Sugiyama e Rui Pinheiro, ed eseguita da prestigiose compagini musicali quali Barcelona Modern Ensemble, Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Milano, mdi ensemble, Grupo de Musica Contemporanea de Lisboa, e da altri musicisti di riconosciuto talento quali Silvia Giliberto, Stefano Grasso, Sahba Khalili Amiri, Irina Ghiviér, Carolina Santiago, Francisco Martì Hernandez (Syntagma Piano Duo).

Trasmesso in diretta nazionale radio su Antena2 in Portogallo nell’ottobre 2021, il suo quintetto dal titolo “Fulmine randagio” è edito dalla casa editrice portoghese AVA Musical Editions.

Fondatore della rockband Kafka On The Shore, si è esibito in qualità di tastierista in più di 200 concerti in tutta Europa con l’album “Beautiful But Empty” (La Fabbrica Etichetta Indipendente), ha collaborato e si è esibito con artisti della scena musicale rock/pop italiana fra i quali Nicolò Carnesi, Gianluca De Rubertis (Il Genio), Lodo Guenzi (Lo Stato Sociale), Francesco De Leo, Chiara Castello.

Nel maggio 2020 ha pubblicato l’album “Zolfo” (Piano B Agency), comprendente composizioni per pianoforte solo ispirate a canti antichi siciliani da lui stesso eseguite e registrate nel quartiere di Ballarò, Palermo.

E’ laureato in Economia per Arte Cultura e Comunicazione presso l’Università “L.Bocconi”.

Biografia consigliata sull’udu

Agu, Joe. (1998). Udu Magic: The Art of Udu Drum Playing [video]. Sunnyvale, CA: Rhythms Exotic Afro Percussions

Akpabot, Samuel. (1975). Ibibio music in Nigerian culture. East Lansing, MI: Michigan State University Press

Nicklin, Keith. (1973). “The Ibibio Musical Pot.” African Arts, USA VII (1), 50–55

Call for Scores - Capitolo 8 - TARKUS Eruption/Aquatarkus di Fabio Cuccu by Marcello Corti

TARKUS Eruption/Aquatarkus di Fabio Cuccu

Tarkus è un brano di Fabio Cuccu composto nel 2021. L’organico prevede flauto traverso e ottavino, clarinetto basso, pianoforte, violino, violoncello ed un ampia sezione di percussioni con un solo esecutore: xilofono, marimba, vibrafono, due piatti sospesi, tre tom, un tam-tam e un timpano da 29’’. Tarkus è stato selezionato tra i brani che hanno partecipato al CfS2021 nella categoria trascrizioni. Nelle note introduttive, è Cuccu stesso a spiegare il suo lavoro:

Dalla suite degli Emerson, Lake and Palmer è stata estratta la cornice strumentale che apre e chiude il brano: "Eruption" (senza l'introduzione in fade in di circa 30") e la coda conclusiva di "Aquatarkus", per una durata totale di circa 3 minuti e 20 secondi.

Si è scelto di utilizzare una formazione interamente acustica e di adattare il più possibile l'originale alla scrittura tipica dell'ensemble da camera. Per questo motivo molte dinamiche si discostano dalla sorgente, a favore della varietà timbrica e dei contrasti tipici di questo organico.

In questo senso l'arrangiamento si pone come un'operazione parallela a quella compiuta da Keith Emerson coi The Nice gli ELP nei confronti della musica colta del Novecento.

Le ultime battute di Tarkus a firma Fabio Cuccu

La trascrizione è sempre un terreno molto pericoloso: all’interno di un organico nuovo occorre trovare un equilibrio che possa valorizzare e non penalizzare l’originale. Una simile operazione è ancora più delicata per via del cambio di registro che l’atto della trascrizione porta in sé. In generale il problema che Cuccu affronta è quello che Carlo Boccadoro, nel suo libello Analfabeti sonori: musica e presente descrive come una delle grandi sfide della contemporaneità.

Trovare dei fili tra linguaggi differenti, saper sintetizzare una sostanza musicale diversa scegliendo l’essenziale ed eliminando il superfluo da musiche che apparentemente non avrebbero nulla in comune: questo è certamente possibile ma richiede un lavoro intellettuale estremamente complicato e faticoso, dove la possibilità di riuscite finali non sono numerose.

La copertina del libello di Carlo Boccadoro, prezioso e alla portata di tutti.

Il lavoro del compositore in questo caso sembra pienamente riuscito. La partitura realizzata da Cuccu è davvero ben scritta: ci immaginiamo il timbro graffiante del clarinetto basso, distorto senza distorsore, amalgamarsi pienamente con il calore degli archi. Ci divertiamo a riflettere su che tipo di sonorità cercare con il flauto traverso, se più JethroTulliana o più aderente all’estetica classica. Nel frattempo sentiamo il sapore lontano di quella libertà musicale tanto, troppo lontana dall’accademia e da quei barattoli vuoti di conserve dal sapore impreciso.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

TARKUS ci ha convinto per due motivi opposti: Cuccu sceglie di salvare un capolavoro del progrock dall’intecamento forzato e lo riporta in vita sotto una nuova veste: ne fa rivivere la complessità, la bellezza, ne mette in risalto nuovi aspetti e nuovi chiaroscuri e lo strappa da uno spaziotempo oramai vicino alla musealizzazione. Allo stesso tempo, l’operazione di Cuccu è aderente allo spirito di Progetto Generativo e quindi di 19’40’’: La prima pubblicazione dell’etichetta discografica più anticlassica d’Italia è infatti una raccolta di trascrizioni per ensemble di brani indipendenti.

Nella playlist di progetto generativo si poteva (e si può: il CD è ancora in vendita sul nostro portale) ascoltare musica di Bologna violenta, Julie’s Haircut, Zu, Zeus! e altri gruppi del sottobosco indie nazionale, trascritti dalla mano di Enrico Gabrielli. Un Progetto Generativo vol.2 potrebbe idealmente includere non solo Emerson, Lake & Palmer, ma anche Genesis, Yes, King Crimson, Gentle Giant, Van der Graaf Generator, Jethro Tull e, perché no, anche i Pink Floyd.

Per citare Enrico Gabrielli: “cosa ce ne facciamo di una ulteriore esecuzione della Settima di Beethoven? Abbiamo bisogno di altro”.

Chi è Fabio Cuccu?

Fabio Cuccu (volete ascoltare qualcosa di nuovo, di suo e di bello? cliccate qui) è nato a Sassari nel 1995. Cresce circondato di stimoli musicali grazie alla madre cantante, ma non riceve nessuna educazione formale durante l'infanzia. Dopo aver ascoltato i Black Sabbath all'età di 12 anni, impara a suonare la chitarra elettrica da autodidatta e inizia fin da subito a orientarsi nell'improvvisazione e a scrivere canzoni. fonda un gruppo progressive rock nel 2010, del quale è tuttora chitarrista, tastierista, cantante e coautore di testi e musica. I suoi interessi lo spingono a voler approfondire altri generi, dal jazz fusion alla musica tuvana, fino ad arrivare alla musica classica.

A 19 anni decide di intraprendere gli studi di Composizione in conservatorio: fondamentale la guida del maestro Alberto Colla, con il quale ha studiato dal 2014 al 2019. In questo periodo vengono eseguiti i suoi primi lavori, tra cui due composizioni per ensemble nel 2018 e il primo brano per orchestra sinfonica nel 2019. Parallelamente continua a lavorare al progetto progressive rock e pubblica un album autoprodotto nel 2019 e un singolo nel 2021. Dal 2020 studia con Marco Quagliarini con cui ha conseguito Diploma Accademico di I livello. Sta proseguendo gli studi del Diploma Accademico di II livello di composizione con Mario Pagotto a Trieste.

Call for Scores - Capitolo 7 - PER ASPERA AD RVSPA di Matteo Minotto by Marcello Corti

Continua la serie di brevi articoli dedicati ai brani ricevuti e selezionati per il Call for Scores 2021 lanciato nel mese di marzo 2021 e in fase di conclusione.

PER ASPERA AD RVSPA di Matteo Minotto

PER ASPERA AD RVSPA, rigorosamente scritto in maiuscolo, quasi fosse un’incisione su una pietra miliare, è una composizione di Matteo Minotto. L’organico scelto è flauto, clarinetto, percussioni, pianoforte, violino e violoncello. Il brano è suddiviso in quattro sezioni: nelle misure introduttive, Minotto espone in modo disordinato e (apparentemente) casuale il materiale tematico che verrà ripreso successivamente. La tenue e dolcissima melodia esposta dal clarinetto nella seconda sezione viene accompagnata da violentissimi strappi dal carattere percussivo, decontestualizzanti e senza ragione. La terza sezione è un delicato ed espressivo momento di lirismo arricchito da rumorosi respiri, chiaro segno di compartecipazione interpretativa da parte degli esecutori coinvolti non all’esagerato romanticismo della musica, bensì all’attitudine a tratti insopportabile degli affettatissimi patinati interpreti dei grandi cartelloni.

Minotto alterna sprazzi di tonalità e di follia in un brano che Milano Musica, spostati. Tra le righe sembra essere inciso a caratteri cubitali: “non siate seri, che se avessimo voluto esserlo, a quest’ora saremmo tutti quanti commercialisti”. Il brano di Minotto è istintivo sia nella concezione che nella scrittura ma, nonostante questo, il risultato è perfettamente eseguibile e non ha difetti dal punto di vista organologico.

Abbiamo trascorso alcuni quarti d’ora ad interrogarci se RVSPA facesse riferimento al mezzo meccanico (per noi in prima declinazione femminile e quindi all’accusativo singolare RVSPAM e al plurale RVSPAS. Nella fattispecie si tratterebbe di un ablativo) oppure al rospo (da RVSPUM, sostantivo neutro tardo-latino con scarsa documentazione ma in questo caso correttamente declinato all’accusativo plurale). Dopo qualche elucubrazione, abbiamo deciso di rinunciare lasciando il dilemma aperto, sicuri che nessuno (incluso lo scrivente) avrebbe sentito la mancanza di una simile disputa linguistica. Restiamo comunque aperti a qualsiasi suggerimento i nostri lettori vogliano inviarci attraverso i nostri canali social.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Ci piace la libertà di Minotto, ci piace il suo senso dell’umorismo di confine, ci piace la contaminazione stilistica, ci piace il suo non essere etichettabile o riconducibile ad altro o ad altri. Ci piace l’idea di poterci divertire facendo i musicisti senza, per una volta, indossare tunica, casacca, barba e papalina. Nella musica e nel percorso di Matteo Minotto, forse per via della sua visione dissacrante nei confronti di tutto quello che profuma di accademia, vediamo un po’ di noi stessi .

La nostra parte preferita di PER ASPERA AD RVSPA

Inoltre PER ASPERA AD RVSPA rientra appieno in quel percorso che 19’40’’ sta compiendo: dare voce a compositori non inseriti nei grandi cartelloni nazionali ed internazionali della musica colta contemporanea. Abbiamo bisogno di altre esecuzioni di Metamorphosis? E’ necessaria un’altra incisione di Professor Bad Trip? Ha senso replicare cartelloni già rodati riproponendo accostamenti? Forse sì, ma lo lasciamo fare a chi è più bravo di noi nel raccogliere fondi.

Chi è Matteo Minotto?

Dice Minotto:

Sono diplomato a mia insaputa in fagotto (io da grande avrei voluto suonare i timpani). Mi destreggio quindi tra precariato e frustrazione nella speranza di diventare un giorno uno statale ma con un futuro probabilmente agreste, vista la regione da cui provengo. Scrivo musica sin dall’adolescenza per i miei progetti musicali dove ho suonato come percussionista e fagottista (Friedrich Micio, 3sacchetti, Franzoni!), collaboro con “Musica per Bambini” (Manuel Bongiorni) da qualche tempo e altri cantautori semi sconosciuti della scena locale veneta (Ornello, Marcho’s, Alberto Gesù). Penso erroneamente di insegnare ma in realtà sono io che imparo dai miei allievi, ciò nonostante tengo da qualche anno il corso di “creatività musicale” nell’ambito della rassegna “Gioie musicali” ad Asolo TV. Sto per presentare una serie di performance anfibie tra le quali “TUBI” che uscirà a breve. Ho scritto musiche per alcuni spettacoli teatrali della compagnia “Stivalaccio teatro” di Vicenza. Non ho purtroppo studiato, neppure in maniera non accademica, composizione e me ne dolgo o forse no. Ho una particolare propensione per il rumore, ma forse sono solo acufeni. Salto a piè pari la lista della spesa degli ensemble con cui ho suonato, di PPP (prolunghe per pene) non ce n’è bisogno.

19'40'' a Roma per il D'UVA di Firenze by 19'40"

Giovedì 26 Maggio alle ore 19:15 presso la Basilica di San Lorenzo in Lucina, Roma, Yoko Morimyo e Damiano Afrifa eseguiranno le musiche di Enrico Gabrielli composte per l’audioguida “Da Turista a Pellegrino”. L’evento vede la partecipazione straordinaria di Monica Guerritore, voce narrante dell’audioguida.

È possibile partecipare alla presentazione confermando la propria presenza a marketing@duva.eu .

L’invito alla presentazione dell’audioguida


SLEEPING CONCERT alla Centrale Fies by Marcello Corti

19’40’’ sarà in concerto il 28 Maggio 2022 presso la Centrale Fies di Dro in occasione di Un Weekend Cannibale da Sogno.

Cos’è un Weekend Cannibale da Sogno?

Un weekend cannibale da sogno nasce dalla collaborazione tra Centrale Fies e Francesca Pennini/CollettivO CineticO in un’ottica di ampliamento del percorso attuale di ricerca della coreografa. Al centro del programma, che si articola in durational performance, coreografia, foraging, yoga, installazioni, è la presenza del corpo, i suoi stati biologici e fisiologici, le sue alterazioni e la sua virtualità, la sua resistenza e la sua trascendenza, viste come terreno su cui incontrarsi, respirare, mangiare, dormire e sognare, dove muoversi o stare assolutamente immobili. Un luogo per virtuosismi improbabili nascosti nelle funzioni dell’esistenza più semplici e dunque vertiginose. Corpi che si immergono nella natura recuperando tradizioni antiche per riconoscere ciò che è cibo, in piccoli atti di resistenza all’imprinting capitalistico. Corpi che si addormentano nei sogni collettivi degli sleeping concerts, che assaporano cibi ripensati come esperienze creative, che si trasformano grazie a pratiche respiratorie che diventano metamorfosi alchemiche. 

Quando?

Un Weekend Cannibale da Sogno 26-27-28-29 MAGGIO 2022
Sleeping Concert: 28 MAGGIO 2022 dalle 24 alle 6. A seguire colazione

Dove?

Centrale Fies, Dro, TN

Centrale Fies è un centro di ricerca per le pratiche performative contemporanee. É situato all’interno di una centrale idroelettrica di inizio novecento, in parte ancora attiva, proprietà di Hydro Dolomiti Energia.

La performance di 19’40’’

Il sonno presenta un'alternanza regolare di fasi non-REM e REM costituita da cicli di durata simile tra loro. Ognuno di questi cicli è caratterizzato da un'attività cerebrale traducibile in onde con frequenze specifiche. Il nostro Sleeping Concert è organizzato utilizzando le caratteristiche di queste fasi; le diverse sezioni sono fondate sulle diverse frequenze d’onda che le contraddistinguono. L’ipnogramma (il grafico che rappresenta le fasi del sonno in funzione del tempo) è la nostra partitura musicale. Il trio composto da Francesco Fusaro, Alberto Ricca e Sebastiano De Gennaro utilizza due laptop, strumenti percussivi come vibrafono, piatti o gong, elementi vocali ed una diffusione in quadrifonia per calare i partecipanti in una immersione ipnagogica in cui tanto il sonno quanto l'ascolto possano essere profondi.

Artisti

Sebastiano De Gennaro, percussionista di formazione classica, da vent’anni uno dei più importanti musicisti italiani, in magico equilibrio fra tecnica e invenzioni dell’immaginazione. Ha lavorato al fianco di importanti artisti del panorama nazionale e internazionale da Terry Riley a Vinicio Capossela passando per L’orchestra Nazionale della Rai ed incidendo più di settanta dischi

Alberto Ricca (Bienoise), compositore attratto dagli elementi non-musicali, da computazione e contemplazione. È considerato da molte riviste specializzate uno dei migliori musicisti elettronici italiani, i suoi dischi sono pubblicati dall’etichetta di culto tedesca Mille Plateaux. È fondatore della Label di improvvisazione radicale Floating Forest

Francesco Fusaro, DJ resident di NTS Radio, musicologo e musicista elettronico. Ha pubblicato musica con il suo vero nome e altri moniker per diverse etichette indipendenti, fra le quali MFZ Records, di cui è co-fondatore e label manager. Per Norient ha recentemente curato la raccolta di saggi Sonic Traces: From Italy

Francesco Fusaro 19'40''

Un'ora di Musica Razionale by Marcello Corti

Il 13 Aprile 2022 Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro sono andati a Radio Raheem per parlare di Musica Razionale. Ne è uscita una splendida passeggiata di fronte ad un panorama mozzafiato: numeri, musica e contaminazioni. Radio Raheem ha reso disponibile l’intervista per intero sul suo sito: è possibile vedere l’intervento in formato audio o in formato video.

Cos’è Radio Raheem?

Radio Raheem è un editore e media indipendente che si esprime innanzitutto come web radio. Oltre ad occuparsi di musica, si occupa di tutti quegli aspetti che rendono il fatto culturale interessante. La Radio trasmette dalla Triennale di Milano, uno dei luoghi più significativi per il design e la cultura contemporanea non solo di Milano ma del mondo.

Cosa abbiamo fatto a Radio Raheem?

Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro hanno parlato non solo di Musica Razionale, l’imminente uscita di 19’40’’, ma hanno anche condotto con mano gli ascoltatori attraverso composizioni in un modo o nell’altro riconducibili alla composizione matematica. Se volete approfondire il percorso e ripulirvi le orecchie da Musica Spirituale, è l’occasione giusta: abbiamo ricostruito la tracklist della serata e ve la proponiamo volentieri.

Playlist

Franco Battiato L’egitto prima delle sabbie da Musica Spirituale (perf. Damiano Afrifa)
György Sándor Ligeti Poème symphonique
Sebastiano De Gennaro Congettura Collatz da Musica Razionale (perf. Sebastiano De Gennaro)
Robert Schneider Reverie
Sebastiano De Gennaro Lo Shu da Musica Razionale (perf. Sebastiano De Gennaro)
Giovanni Albini Una teoria della prossimità (exc)
Sebastiano De Gennaro Farey da Musica Razionale (perf. Sebastiano De Gennaro)

Quando esce Musica Razionale?

I nostri abbonati riceveranno Musica Razionale in formato digitale alle 19:40 di Domenica 17 Aprile 2022. La copia fisica della registrazione, in tiratura limitata a 200 copie numerate, giungerà nelle case degli abbonati attorno a questa stessa data. Se volete maggiori informazioni, potete sempre scriverci.

Call for Scores - Capitolo 6 - Dither, Flourish, Dissolve di Alice Hunter by Marcello Corti

Continua la serie di brevi articoli dedicati ai brani ricevuti e selezionati per il Call for Scores 2021 lanciato nel mese di marzo 2021 e in fase di conclusione.

DITHER, FLOURISH, DISSOLVE di Alice Hunter

Dither, Flourish, Dissolve è un brano per Flauto Basso, Clarinetto Basso, Percussioni, Sintetizzatore, Violino e Violoncello composto da Alice Hunter. La compositrice scrive in modo specifico per il Roland JUNO-6, strumento indicato come tra i possibili nel bando del CfS2021. La partitura è corredata da un’illustrazione intitolata “Dissolve me” realizzata da Dàniel Taylor (potete vedere i suoi lavori qui). Le percussioni presenti in partitura sono un timpano da 29, tam-tam, vibrafono ed un piatto sospeso da 20’’.

Il frontespizio di Dither, Flourish, Dissolve con l’immagine di Dàniel Taylor

Alice inserisce una nota che recita quanto segue:

.....Being timeless at times, the whale song at the start begins an exploration into the outcome of a choice made; dithering, flourishing or dissolving. The words from Helen Faulkner, founder of Ocean Heart, "whale sounds in particular seem to really affect people. It gives you a great sense of stillness and peace. It's very comforting,” seem to frame this composition. It’s a composition of strength in working with people, even though they can seem distant, to help grow to the next stage. Instrumentalists are encouraged to space ‘Dither, Flourish, Dissolve’ according to the instrumentalists around them, working as a team to grow to shape the work.

Segue una densa legenda dove con precisione vengono spiegati non solo la notazione e gli effetti sonori ricercati, ma anche il setup del JUNO-6: la partitura è corredata di un ricco apparato di immagini in cui niente è di troppo e niente è tralasciato.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Lo ammettiamo: ci siamo inteneriti. Alice, con delicatezza, ha deciso di aprire la partitura con una dedicatio:

Dither, Flourish, Dissolve was composed in April 2021 for the EdMsC Call for Scores

Non solo Dither, Flourish, Dissolve è un brano pensato, scritto e impaginato con cura, con amore, con bravura e con intelligenza, ma è stato pensato proprio per il nostro ensemble e ne porta il segno. Ma non ci sarebbe nessuna tenerezza, nessuna commozione se dietro alle mielosità tanto gradite, non fosse celata tanta, ma davvero tanta sostanza.

Dither, Flourish, Dissolve è una di quelle composizioni davvero entusiasmanti. La struttura del lavoro è evidentemente tripartita. Dither e Flourish sono le due sezioni più corpose ed elaborate mentre Dissolve occupa l’ultima pagina della partitura. La composizione sembra prendere il via da un particolare suono generato da un piatto sospeso posto, rovesciato, sopra un timpano. Anche solo immaginando la resa sonora, siamo immediatamente trasportati all’ascolto di un timbro nuovo, forse marino: il cupo risuonare del metallo sulla pelle richiama il timbro di una balenottera azzurra e, sebbene il brano non abbia particolari riferimenti alla sfera acquatica, a noi piace lasciarci suggestionare in questa direzione, forse traviati dalla nota introduttiva.

L’impasto timbrico tra ensemble e synth è imprevedibile: solo il giorno dell’incisione ne avremo contezza. Di fatto la Hunter suggerisce quale sarà la resa sonora indicando, ad esempio, come rich triangle wave sound il primo setting del Juno6: ci aspettiamo un suono avvolgente con tantissimo attacco e tantissimo sustain, un suono in grado di avvolgere il timbro degli strumenti analogici e di creare un impasto davvero unico.

La notazione del JUNO6

Il difficile primo cambio di setting è agevolato da una sezione di semplice noise ed il secondo suono, più articolato e netto e soprattutto sagomato sotto forma di arpeggio, riporta immediatamente ad una sonorità che sprizza anni ‘80 da tutti i pori. Il terzo suono ricorda invece una marimba ed è forse per questo più prevedibile: inizia la seconda sezione della composizione, il flourish. L’ensemble si appoggia allo sviluppo ritmico in accelerando dell’arpeggio: idealmente il brano non dovrebbe prevedere la presenza di un direttore. Il tactus viene preso dalle oscillazioni del synth o da segnali convenuti in ensemble. Ai fini della registrazione, è però probabile che decideremo di avvalerci di un gesto direttoriale per agevolare la costruzione del brano.

Il processo di fioritura conduce fino alla presenza di una melodia che porta evidenti segni di tonalità: quasi a voler disturbare Talea, all’interno degli spettri parziali del sintetizzatore sembrano comparire petali leggeri e profumati. È però solo un breve accenno: la fioritura viene sollevata verso l’alto dal glissando degli archi e si dissolve, dando il via all’ultima sezione del brano. I suoni, i colori e le emozioni (sì, crediamo che sia un brano emozionante) sembrano evaporare e scomparire. Nell’ultima facciata del brano gli strumenti analogici si disperdono nell’aria mentre il sintetizzatore sprofonda nelle oscurità più buie.

Alice Hunter last page

L’ultima pagina di Dither, Flourish, Dissolve.

Sono belli i colori, cupi, profondi e soprattutto tanti. La lettura è di immediata comprensione probabilmente per favorire un processo di esecuzione il più possibile condiviso e basato sull’ascolto. La struttura non è solo visibile, ma anche percepibile. Sebbene eseguire Dither, Flourish, Dissolve dal vivo possa essere una sfida tutt’altro che facile, al contrario, il suo ascolto ne risulterà sicuramente immediato e gradevole: anche il pubblico meno avvezzo ai grandi cartelloni della contemporanea saprà apprezzare il lavoro splendido della Hunter.

Chi è Alice Hunter?

Alice Hunter è una compositrice inglese. È conosciuta per la sua musica complessa e riflessiva che sfida le convenzioni attraverso l’invenzione di progressioni armoniche, attraverso tecniche strumentali estese e frasi melodicamente esplorative. Il percorso compositivo di Alice muove i suoi passi dallo studio del clarinetto, del violoncello e delle percussioni unito all’amore per le tradizioni culturali in continuo cambiamento, al fatto psicologico ed al progresso nella moderna quotidianità.

Alice ha studiato alla Guildhall Music and Drama, University of Surrey e ha conseguito il MA in composizione presso la Royal Academy of Music studiando con Peter Maxwell Davies, Oliver Knussen, Harrison Birtwistle, Tansy Davies e Edmund Finnis.

La sua musica è stata eseguita in festival di tutto il mondo come il Kaleidoscope Musarts Echoes of time 2020 a Miami, o presso il ‘British and Armenian vocal music’ a Yereva. Oltre a numerosi premi e riconoscimenti, la musica di Alice Hunter è stata eseguita dalla Bournemouth Symphony Orchestra, dal CHROMA ensemble, Rolf Hind, e Zubin Kanga.

CONSIGLI DI LETTURA DA 19’40’’ Fiorenzo Carpi Ma Mi - Musica Teatro Cinema Televisione - #2 /March 21, 2022 by Enrico Gabrielli by Enrico Gabrielli

Fiorenzo Carpi Ma Mi Enrico Gabrielli

“Dichiaro che Fiorenzo è grande e io sono colpevole di non averglielo detto”, dice un biglietto autografo di Giorgio Stehler posto a pagina 166 (la penultima) di questo bellissimo libro. Con questa frase io non avrei resistito alla tentazione di aprirci il libro. Invece il fatto che sia stata messa in fondo dagli autori è un gesto che probabilmente meglio interpreta l’umiltà dichiarata del M° Carpi.

Nel libro, infatti, emerge prima di tutto l’uomo perché questo non è un tipico testo musicologico, ma sembra la testimonianza affettuosa e amorevole di persone che gli erano spiritualmente vicine, che lo avevano visto lavorare e che avevano conosciuto l’indole peculiare della persona.

Si parla di un’infanzia felice a Milano in una famiglia di artisti dove il padre Aldo (1886-1973) era un importante pittore e uno dei fratelli, il Pinin (1920-2004), sarebbe divenuto un celebre autore di libri per l’infanzia (si consiglia il bellissimo Cion Cion Blu).

Si racconta di come i fascisti nel 1944 deportarono il padre in un campo di sterminio dove continuò a dipingere come risposta civile alla barbarie (da qui il libro Diario di Gusen). Si parla molto dell’inizio di tutto ciò che un giorno sarà Fiorenzo.

Leggendo questo libro si può meglio capire da dove proveniva quel sano eclettismo che caratterizzerà la sua curiosità e che gli consentirà di muoversi con disinvoltura tra la pura composizione, la colonna sonora, la musica di scena, la canzone e l’arrangiamento.

Dopo il diploma di composizione conseguito nel travagliato luglio 1945 (leggo tra i firmatari Bruno Bettinelli, che incontrai personalmente nel 1995 durante la mia fase di incerto apprendistato al Conservatorio di Milano), incontrerà Roberto Lupi un curioso compositore (sua era la sigla della chiusura dei programmi RAI in uso fino al 1986) che nel 1946 aveva esposto il concetto di “armonia gravitazionale”, una teoria che partiva da leggi fisiche di generazione e di interrelazione dei suoni (è possibile leggerne qui).

Vi è un frammento autografo di esercizi di armonia gravitazionale con titolo “Colonne cosmiche adoperate per le Varianti”.

In questo libro vi è un bellissimo corredo di partiture autografe, lettere e fotografie. Ad esempio c’è una lettera a firma Luciano Chailly con data del 1970 che si congratula con Carpi per il primo atto de “La porta divisoria” e che propone di metterla in programma al Teatro La Scala nel settembre 1971. A quanto ho desunto l’opera in questione, che è un libero adattamento su libretto di Strehler de La Metamorfosi di Kafka, non fu mai completata e dunque mai rappresentata.

Con la storia di Carpi vi è la storia del dopoguerra milanese e del suo teatro. Qui viene riportata una sua testimonianza diretta a proposito della fertile collaborazione con Strehler: “Giorgio mi illustra un po’ l’idea, l’impostazione della regia dello spettacolo, spesso non in gran dettaglio. […] Io partecipo quasi sempre alle prove, mi aiuta. Non faccio mai le musiche prima, ogni volta che posso, le faccio durante il corso delle prove. Aiuta una musica pensata contro piuttosto che pensata per la situazione”.

“Per scrivere musica per il teatro” continua Carpi “un musicista deve conoscere bene la storia della musica, dai trovatori e trovieri del Medioevo sino al repertorio contemporaneo, jazz, rock e cultura popolare compresi”. Poi vengono analizzate in dettaglio, con manoscritti a fronte, due lavori teatrali storici: La bambola abbandonata (1976/77) e La Tempesta (1977/78).

Ma per posizionare meglio la rilevanza di Carpi nella scena teatrale dell’epoca basta una foto del suo matrimonio dove ci sono lui e la moglie Luisa Rossi attorniati da Giorgio Strehler, Franco Parenti e Paolo Grassi. Al di là delle collaborazioni con Dario Fo, Franca Rame, Giorgio Gaber, Franca Valeri, Gigi Proietti, Vittorio Gassman e molti altri ancora, sarebbe riduttivo posizionare il Carpi nell’empireo del palcoscenico. Lui lavorò moltissimo sulla forma canzone e fu un grandissimo arrangiatore. Un disco a cui sono personalmente molto legato è Stramilano con la cantante Milly del 1964 (e di cui possiedo fieramente il vinile uscito per la Joker), un vero manuale applicato di come si scrive per orchestra leggera.

Si parla anche del Carpi compositore per il cinema in particolare con il regista “dei bambini” Luigi Comencini (L’Incompreso, Marcellino pane e vino, Le Avventure di Pinocchio e molti altri titoli) e l’esordio del Tinto Brass sensuale (L’urlo, La vacanza, Salon Kitty). Scopro inoltre che Carpi discese a Roma dove lavorò assiduamente con Bruno Nicolai e che assieme a lui, Egisto Macchi e Ennio Morricone fondarono lo studio “M4”.

Come si evince dalle numerose informazioni che ho qui riportato in piccolissima parte, in questo libro risiedono una gran mole di nomi, di luoghi e di storie che compongono un mosaico di storia culturale italiana, di nobiltà popolare e di fascino narrativo.

Carpi è stato un inesauribile ingegno musicale, caleidoscopico ed eclettico. Ma forse più di altri è stato capace di capire attraverso la musica l’uomo che c’era nel bambino e il bambino che c’era nell’uomo. Come forse fece Gianni Rodari per l’arte della parola o Bruno Munari con la materia visiva.   

PS: ringrazio il buon Luca Bernini per avermi fatto conoscere questo testo mentre stavamo realizzando Pinocchio! (19m40s_13) con gli Esecutori di Metallo su Carta e Francesco Bianconi. E ringrazio la signora Martina Carpi per la gentilezza e il plauso con cui ha accolto il nostro lavoro.

Pinocchio al Cenacolo Francescano di Lecco nel novembre 2019. In prima fila a sinistra, Luca Bernini.

Call for Scores - Capitolo 5 - FADES / COSTELLAZIONI by Marcello Corti

Continua la serie di brevi articoli dedicati ai brani ricevuti e selezionati per il Call for Scores 2021 lanciato nel mese di marzo 2021 e in fase di conclusione.

FADES / COSTELLAZIONI di Antonio Della Marina

Tra tutti i brani ricevuto per il CfS2021, FADES / COSTELLAZIONI si distingue per forma e notazione. Il lavoro ricevuto è un estratto del grande percorso di ricerca compositiva che Della Marina ha compiuto nel tempo. La partitura è così composta: due pagine contengono le indicazioni di esecuzione del brano. Seguono quindi tre schemi geometrici detti “costellazioni” che raffigurano graficamente degli accordi. infine l’ultima pagina contiene una tabella che riporta le frequenze esatte dei suoni di cui gli accordi sono composti.

Il brano è per elettronica e per strumenti analogici. Della Marina ha fornito un software che simula 40 oscillatori, 26 dei quali sono da utilizzare durante l’esecuzione. Gli strumenti analogici si inseriscono sull’elettronica arricchendo il timbro degli oscillatori ma senza mai emergere dal pattern sonoro generato digitalmente.

Gli esecutori, analogici o elettronici, si muovono da una costellazione all’altra passando attraverso a dei nodi: punti di incontro che fungono da passaggio dimensionale tra un reticolo e l’altro. Ciascun incrocio è una frequenza e ciascuna frequenza è naturalmente un suono.

Della Marina indica che gli strumenti analogici devono suonare alle frequenze esatte indicate nella tabella riassuntiva: i musicisti, nella preparazione della partitura, sono invitati a lavorare con un intonatore microtonale per studiare l’esatta intonazione di un suono.. Questo lavoro quindi non può essere eseguito con strumenti ad intonazione fissa come pianoforte o percussioni a suono determinato. Gli archi sono gli strumenti idealmente coinvolti nell’esecuzione di FADES anche se l’organico scelto dagli Esecutori prevede, oltre a viola e violoncello, anche il clarinetto basso. È stato il compositore stesso a scegliere l’organico: Della Marina ha preferito strumenti dal suono grave con l’obiettivo di nascondere i singoli timbri evitando che siano perfettamente distinguibili.

Della Marina specifica i diversi tipi di interpolazione sia ritmica che dinamica dei suoni individuando delle semplici categorie: per la dinamica sono possibili dissolvenza in entrata e in uscita, solo in entrata o solo in uscita. Il ritmo invece può essere di tre tipi: suono tenuto, suono pulsante e suono irregolare.

Il compositore specifica che l’esecuzione della partitura da parte degli strumenti analogici deve essere libera: i musicisti possono muoversi a piacere su e tra i reticoli avendo modo solo di seguire i nodi comuni per il passaggio tra costellazioni.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

La selezione di FADES / COSTELLAZIONI è dettata da un desiderio molto semplice: uscire dalla comfort-zone di un repertorio a noi affine e congeniale. Non siamo abituati a lavorare con gli oscillatori e la comprensione della partitura in un primo momento è stata sconfortante. Più abbiamo approfondito il materiale ricevuto, più la voglia di affrontare questo percorso spaziale è cresciuta: le costellazioni sono estremamente affascinanti sotto diversi punti di vista. Graficamente hanno equilibrio, proporzione e semplice bellezza mentre il processo di costruzione degli accordi si distingue per unicità ed interesse. Abbiamo deciso di affrontare FADES / COSTELLAZIONI pur sapendo che ci avrebbe messo di fronte a difficoltà non insormontabili, ma comunque ardue. Ssiamo convinti che l’esecuzione di un brano che diverge sotto diversi aspetti, possa farci crescere come ensemble (fondamentale) e come esseri umani (secondario).

Abbiamo esplorato l’universo semantico e sonoro di Antonio Della Marina andando a curiosare sul suo sito e ad ascoltare i suoi lavori precedenti. Potete fare come noi ed approfondire l’approccio compositivo di FADES e di Della Marina, leggendovi questo interessantissimo riassunto. Non solo, ma se avete voglia di trascorrere tre minuti nel mondo sonoro del compositore, qui trovate un video di una performance di FADES. Enjoy!

Qualche curiosità in più su cosa è successo nei mesi scorsi

Pensavamo, in fase di scrittura del bando per il CfS2021, che avremmo ricevuto un cospicuo numero di composizioni che prevedevano l’utilizzo dell’elettronica. A tal proposito, avevamo invitato i compositori a utilizzare tecnologie come la video-call o piattaforme di condivisione audio-video. I lavori ricevuti hanno privilegiato linguaggi analogici a discapito di quelli digitali. Sono stati solo cinque i brani che infatti avevano una presenza di elettronica significativa. Sorprendentemente nessuna tra le 100 e più composizioni ricevute ha utilizzato strumenti attinenti al web. Le forme di elettronica ricevute erano o tracce preregistrate, o, come nel caso di Della Marina, software di produzione musicale più o meno specifici. Una composizione ricevuta presentava invece un Dj set, con scratch ai dischi notati in partitura.

Sempre a livello di strumentazione, la maggior parte delle composizioni ha preferito sfruttare l’organico standard indicato: flauto clarinetto violino violoncello pianoforte e percussioni sono infatti il set presenti nel 60% delle composizioni. Solo tre autori hanno deciso di utilizzare il suono dei sassofoni di Enrico Gabrielli. Nessuno ha inserito in organico l’ottavino mentre quattro composizioni prevedevano la presenza del flauto basso, preferito di gran lunga al flauto in sol. La viola compare in soli sette lavori mentre il pianoforte compare ben 85 volte.

Chi è Antonio Della Marina?

Antonio Della Marina

Antonio Della Marina è un artista e compositore di musica elettronica che da oltre vent'anni lavora utilizzando quasi esclusivamente onde sinusoidali.

Influenzato dalle avanguardie minimaliste degli anni 60 e 70, concentra la sua ricerca sull'esplorazione delle proprietà fisiche del suono e sui sistemi di accordatura derivati dalle leggi degli armonici naturali. le sue composizioni sono vere e proprie sculture di suono per la cui realizzazione usa astrazioni matematiche e generatori da lui appositamente costruiti.

La sua attività comprende concerti dal vivo, installazioni multimediali e progetti per il web. I suoi lavori sono stati esposti in gallerie d'arte e festival internazionali tra cui la Quadriennale di Praga, Experimental Intermedia a New York, Logos Foundation a Gand, Fundaciò Phonos a Barcellona. In Italia significative le presenze ad angelica festival, Piombino eXperimenta, All Frontiers Musiche d'Arte Contemporanee, Fondazione Giorgio Cini e la realizzazione in collaborazione con Marco Maria Tosolini del concerto-evento A Vista! performance per sirene e idranti di rimorchiatori, parole al vento, voce marina e live electronics.

Call for Scores - Capitolo 4 - I soprammobili di Gustav di Pietro Dossena by Marcello Corti

Continua la serie di brevi articoli dedicati ai brani ricevuti e selezionati per il Call for Scores 2021 lanciato nel mese di Marzo e in fase di conclusione.

I soprammobili di Gustav di Pietro Dossena

I soprammobili di Gustav è una composizione di Pietro Dossena che ha partecipato al Call for Scores nella categoria Sabotaggio. Il lavoro di Dossena è infatti un sabotaggio in maniera di divertissement del lied Des Antonius von Padua Fischpredigt di Gustav Mahler. La formazione scelta dal compositore è flauto, clarinetto, marimba, pianoforte e violino. Il brano è molto breve, dura appena due minuti, e prevede una poco invadente preparazione del pianoforte. Attraverso l'applicazione di patafix, su alcune corde viene richiesta o l'emissione di un suono sordo, o di alcuni armonici. La partitura presenta inoltre una sezione introduttiva dove sono spiegate alcune abbreviazioni inerenti in particolare al violino.

Sorprende inizialmente che Dossena abbia rinunciato all’utilizzo del violoncello per i suoi soprammobili: il registro utilizzato per tutta la composizione è fortemente sbilanciato verso l’acuto. Anche il pianoforte, unico strumento in grado di andare a coprire l’estensione grave, viene sostanzialmente inibito nel registro grave per via della preparazione. Il processo di selezione di frequenze che Dossena presenta in questo lavoro è assimilabile ad un High Pass, un filtro o plug-in che taglia in modo digitale tutte le frequenze al di sotto di un determinato valore. L’High Pass viene di solito utilizzato in fase di postproduzione ma Dossena sembra applicarlo nell’atto della scrittura.

Il brano sembra avere una struttura tripartita: la prima e l’ultima parte sono sezioni di avvicinamento e allontanamento da un’idea centrale. Gli interventi strumentali sembrano convergere e poi divergere dalla sezione centrale, quella più densa, dove compare il ricordo definito del materiale tematico di Mahler. Sono numerosi gli elementi saccheggiati dalla predica mahleriana e sono disseminati e riorganizzati in modo completamente diverso. Tutta la composizione sembra essere costruita attorno al suono della marimba, unico strumento dell’ensemble con il timbro non distorto. Il violino pizzicato, spazzolato, in armonico, il clarinetto con suoni soffiati, il flauto estremamente arioso e naturalmente il pianoforte preparato sembrano quasi essere polvere depositata sui ricordi di un compositore e di una composizione lontana nel tempo. Come una madeline, il vero ricordo compare richiamato alla memoria da piccoli indizi disseminati: ombre nella polvere, sagome di oggetti una volta presenti e ora misteriosamente immateriali. Ma il ricordo è fragile, e scompare poco dopo. Bello e poetico. Ma…

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Non possiamo fare a meno di immaginare, con tanta ma non troppa fantasia, un prezioso collegamento con il testo del lied originario e quindi alla raccolta poetica di Des Knaben Wunderhorn. Sant’Antonio da Padova predica ascoltato dai pesci. La scenetta, per i più deliziosa, ma ai nostri occhi di quasi insopportabile maniera, si chiude in modo pungente. Tutti i pesci, evidente riferimento alla società, ascoltano attenti e apprezzano la predica. Ma appena Sant’Antonio termina di parlare, ecco che nulla cambia: ogni pesce continua la sua vita come aveva fatto fino ad ora. I gamberi andando a ritroso, i lucci rubando, le carpe divorando tutto quello che trovano: ciascuno immerso nei suoi vizi.

Die Predigt geendet
Ein Jeder sich wendet!
Die Hechte bleiben Diebe,
Die Aale viel lieben;
Die Predigt hat g'f allen,
Sie bleiben wie Allen!
Die Krebs' geh'n zurücke
Die Stockfisch'bleib'n dicke
Die Karpfen viel fressen,
Die Predigt vergessen, vergessen!
Die Predigt hat g'fallen,
Sie bleiben wie Allen!
Die Predigt hat g'fallen,
Hat g'fallen!

Ci siamo divertiti ad immaginare che Dossena abbia voluto affrescare il discorso di Sant’Antonio dal punto di vista dei pesci. Quello che dal santo viene espresso in modo ordinato, razionale e secondo forma, dai pesci viene percepito in modo inesatto, deformato, filtrato dall’acqua, mezzo attraverso cui la luce ed il suono vengono modificati. La predica raggiunge i pesci ma questi sembrano più attratti dalla routinaria vita ittica, fatta di flutti, onde e guizzi, piuttosto che dall’insegnamento divino. Inoltre il messaggio arriva frammentato, deformato e, nonostante gli sforzi del Santo, incomprensibile. L’High Pass, il suono sordo degli strumenti, il prevalere del movimento ondoso sul materiale tematico, l’irregolarità dell’accompagnamento, sembrano quasi suggerire l’effetto fisico della rifrazione delle onde sonore: la diversa densità dell’acqua modifica il messaggio originario, ne taglia alcune frequenze e lo rende sicuramente incomprensibile. Nonostante la santità, l’importanza del messaggio, i pesci continuano la loro vita non perché distratti, egoisti, stupidi. Ma piuttosto per via dell’impossibilità comunicativa che la natura stessa pone tra chi parla e chi ascolta.

L’ipotetica traduzione in musica della rifrazione, lo spostamento del punto di vista dal santo ai pesci, la particolare efficacia della scrittura di Dossena, ci hanno incuriosito, affascinato e divertito. Forse avevamo nelle nostre teste un ideale di sabotaggio decisamente più crudele e dissacrante, ma il compositore ha saputo declinare l’operazione in modo delicato e rispettoso. Parafrasando Goethe, che apprezzava Des Knaben Wunderhorn per via dell’impianto erudito ed allo stesso tempo ironicamente ingenuo delle composizioni poetiche, potremmo dire “non siate seri, in fin dei conti stiamo solo parlando di un Santo!”

Qualche curiosità su cosa è successo nei mesi scorsi

Dossena ha deciso di cambiare il titolo di questa breve composizione in corso d’opera. Il titolo previsto inizialmente era Mahlers Fische. Nelle brevi conversazioni tenute via mail, Dossena scrive che ha deciso di modificare il titolo del brano, per rendere più esplicito il mio gioco intellettuale. Il titolo definitivo è “I soprammobili di Gustav”.

Chi è Pietro Dossena?

Pietro Dossena è compositore e artista multimediale. Diplomato in composizione con lode e menzione presso il conservatorio di Milano, dottore di ricerca in musicologia, ha trascorso periodi di formazione e ricerca presso la Sorbonne Nouvelle di Parigi e la University of California. Ha ricevuto importanti riconoscimenti tra cui il Premio Rancati del Comune di Milano, il Premio Nazionale delle Arti (menzione d’onore) e il Prix Luigi Russolo (premio speciale «per l’innovazione nella composizione»). Sue composizioni e opere audiovisive sono state presentate in concerti e festival di tutto il mondo, dal Messico al Giappone, con la partecipazione di solisti, ensemble e orchestre di rilevanza internazionale. I suoi progetti recenti comprendono una serie di lavori ispirati a E. A. Poe, un’installazione transmediale sulla percezione e un pezzo per synth modulare e ensemble.

Call for Scores - Capitolo 3 - Barocco d'inverno di Andrea Sommani by Marcello Corti

Barocco d'inverno di Andrea Sommani

Barocco d’inverno è un sabotaggio sopra una sonata di John Ravenscroft (1695) composta da Andrea Sommani nel 2018 e revisionata nel 2021. E’ un brano per flauto basso, sax tenore, percussioni, pianoforte e pianoforte giocattolo. La partitura è introdotta da un breve racconto probabilmente scritto da Sommani stesso.

Trovandosi l’autore nella campagna padana, in un’algida notte d’inverno, ebbe per un momento ad allontanarsi solitario. Fermatosi adunque a rimirare le brumose campagne et le piagge intorno, n’ebbe viva sorpresa conciossiaché, per l’esser le terre coverte di candida neve et similmente di candida bruma coverto il cielo, quasi parea non esservi confine tra questo e quelle. Ecco che, tosto, un alito di vento ebbe a discoprire timidamente qualche spiraglio a gl’occhi et quindi comparir sparute vestigia d’una chiesa barocca. Cosicchè, rimirando quelle sacre ruine, sovvenne all’autore questa antica melodia e ne rimase impressionato poiché, così come la bruma copriva quel tempio allo sguardo, in egual modo la fallace memoria copriva di mistero quella musica vaghissima. Ben tosto, ad altri officii intento, l’autore tornò alla compagnia che non è quivi il caso di narrare, ma parendogli, il dì seguente, che niuna cosa potesse trovarsi più vaga et leggiadra, ebbe a comporre tale ischerzo o sabotaggio musicale acciocché Lor Signori potessero sonarlo in compagnia.

L’introduzione di Sommani replica manieristicamente la prefazione alla prima edizione delle Sonate a tre Op.1 di Ravenscroft: la raccolta è infatti introdotta da un testo che sembra dare spunto stilisticamente alla parte testuale del sabotaggio di Sommani.

Abbiamo scavato rapidamente nell’antica partitura alla ricerca del materiale tematico usato per il bano ricevuto per il Call for Scores. Siamo quasi convinti che Sommani faccia riferimento alla Sonata Terza inserendo e sabotando il germe melodico del primo movimento. Siamo rimasti abbastanza colpiti nel realizzare che non esiste (o che non riusciamo a trovare) una registrazione integrale di queste Trio Sonata. Vi proponiamo una delle poche tracce che abbiamo individuato: il London Baroque Ensemble ha inciso infatti l’ottava delle 12 composizioni pubblicandola in una raccolta titolata Stravaganze Napoletane. Potete anche trovare l’intero cofanetto su Spotify e farvi un tuffo nelle sonorità gradevolmente ovattate delle corde di budello.

Il lavoro di Sommani si rivela essere musica a programma. Nel suo piccolo poema sinfonico per ensemble tutt’altro che ordinario (flauto basso e sax tenore non sono un impasto timbrico molto diffuso), Sommani traduce in musica quanto raccontato nell’introduzione testuale. Possiamo individuare una struttura quadripartita e provare a titolare i quattro capitoli di questo lavoro: la solitudine d’inverno, il vento che scopre la cattedrale, il ricordo barocco e il ritorno alla solitudine. In sole due o tre parole: Barocco d’inverno.

L’incipit di Barocco d’inverno.

La passeggiata nell’algida notte invernale viene descritta dai passi ovattati nella neve del compositore. L’incedere incerto e discontinuo del viandante nella notte sembra essere raccontato dal delicato ritmo del pianoforte giocattolo. Il rumore dei passi si accompagna ai respiri del viandante, descritti invece da sax tenore e da flauto basso. Il vibrafono sembra suggerire dei rintocchi ovattati di campana, forse presagio della visione imminente.

Una rapida acciaccatura del pianoforte sembra simboleggiare un alito di vento: l’aria gelida genera una sorta di epifania. Nel buio della notte il compositore si imbatte inaspettatamente nelle rovine di un’antica chiesa barocca. Un secondo alito di vento sembra confermare la visione ed interrompere la camminata. Il viandante si ferma ad a guardare, sorpreso, una struttura che però sembra solo accennata: le vestigia di una chiesa barocca sono infatti sparute, incomplete. Il vento sembra prendere forza: le acciaccature, precedentemente solo accennate ad appannaggio esclusivo del pianoforte, si fanno più presenti: sax tenore e flauto basso si appropriano degli aliti di vento mentre il pianoforte improvvisamente riporta alla memoria l’antica melodia di Ravenscroft. La reminiscenza è talmente potente da quasi proiettare il viandante in un altro spaziotempo: sparisce il vento, scompare la neve e rimane solo la suggestione di una melodia fino ad ora dimenticata.

Incipit della Sonata Terza dalle 12 Trio Sonata op.12 di John Ravenscroft

Ma così come vengono, i ricordi scompaiono. Il compositore si ritrova di nuovo in mezzo alla neve: il suo fiato torna a condensarsi nell’aria fredda mentre, tornando sui suoi passi, il compositore cammina perdendosi nel buio. Svanita la riminescenza barocca, il toy piano torna a sottolineare i passi nella neve mentre lontani si sentono i rintocchi del vibrafono, ultima memoria delle sacre rovine.

La comparsa della cattedrale, gli aliti di vento ed il frammento della composizione originale.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Barocco d’inverno è scritto molto bene: in poche battute e con pochi elementi, Sommani riesce a raccontare una storia che con una falcata sola abbraccia il barocco, naturalmente, ma anche un primo romanticismo schubertiano. Questa breve Wienterreise contiene infatti diversi topos ottocenteschi: il viaggio d’inverno, la solitudine, il wanderer e la notte. La forma di poema sinfonico è inoltre un omaggio forse non voluto al tardo romanticismo mentre il linguaggio utilizzato è chiaramente tardo-novecentesco. Nascosto tra le note vi è un piccolo compendio di storia della musica.

Decisamente molto interessante l’impasto timbrico scelto dal compositore: violino e violoncello sono stati esclusi a favore di due strumenti forse meno adatti ad un lavoro intimo e trasparente come Barocco d’inverno. Eppure il timbro ammaliante del Sax Tenore di Enrico Gabrielli e la ricchezza armonica del Flauto Basso ci sono sembrati due ottimi motivi per giustificare una simile scelta.

Non da ultimo, Sommani gioca con l’idea di Sabotaggio in modo raffinato: se infatti l’idea alla base del sabotaggio era la contravvenzione volontaria della forma e del contenuto di un’altra composizione, Barocco d’inverno costruisce attorno alla composizione originale un universo immaginativo inedito. Il frammento, decontestualizzato, è allo stesso tempo preservato e reso vivo. Grazie a Barocco d’inverno siamo infatti immersi da diverse ore nell’ascolto della musica poco conosciuta di Ravenscroft. Grazie a Sommani ci siamo incuriositi ed abbiamo scoperto qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto inascoltato, chiuso nei nostri libri di storia della musica, forse in uno di quei paragrafi riservati agli autori minori. Quei paragrafi che di solito si saltano.

Sommani si imbarca in una bella sfida e noi lo seguiamo volentieri in un brano delicato e tutt’altro che manierista. Il rischio di creare quello che qualcuno definirebbe ‘un mappazzone’ è dietro l’angolo. L’abilità di Sommani sta proprio nell’avere successo in un’operazione tutt’altro che semplice. Barocco d’inverno ci è piaciuto fin da subito anche se resta viva una domanda: cosa ci faceva il compositore nella campagna padana, in un’algida notte d’inverno?

Qualche curiosità su cosa è successo nei mesi scorsi

Il piano giocattolo è utilizzatissimo da Sebastiano De Gennaro nel suo primo album Hippos Epos. Il nostro lo aveva utilizzato per eseguire la Sinfonia Giocattolo di Mozart (Leopold) e per eseguire integralmente il Secondo Concerto Brandeburghese di JSB.

Lo strumento in sé è problematico perché non permette un inviluppo dinamico ma, alla stregua di un clavicembalo, può suonare solo ad intensità fissa. Per incidere Barocco d’inverno dobbiamo affrontare un probabilme problema di equilibrio. Le alternative sono diverse: aggiungere effetti in postproduzione? cercare un pianoforte giocattolo che possa suonare molto piano? Utilizzare diverse aperture del coperchio? La sfida per rendere il toy piano più di quello che tecnica e fisica hanno permesso, è aperta.

Chi è Andrea Sommani?

Ha studiato presso il conservatorio F. Morlacchi di Perugia, diplomandosi in Pianoforte nel 2010 e in Composizione nel 2014 con F. Cifariello Ciardi. Parallelamente ha conseguito la laurea triennale in scienze dei beni musicali presso l’Università di Perugia. Successivamente si è perfezionato con S. Sciarrino presso il conservatorio di Latina e l’Accademia Chigiana di Siena. Ha frequentato il corsi di perfezionamento e masterclass con M Andre, S. Gervasoni, P. Maxwell Davies, M. Lanza, F. Filidei. Nel 2013 Ha ottenuto il I premio al concorso di composizione “W Landowska” con il brano Ex.

Fonte: facebook

Nel 2013 è stato selezionato per la partecipazione al progetto “Fair opera” Umea (SE) Nel 2014 è stato vincitore del premio per la Commissione Contempoartensemble, nell’ambito del Livorno music festival. Nel 2016 è stato selezionato come compositore in residenza dalla Contrada della Torre di Siena nell’ambito del progetto “Per un nuovo mecenatismo di contrada” È stato finalista del premio di composizione “Veretti” 2018. Sempre nel 2018 è stato selezionato da Matera Capitale europea della cultura 2019 come compositore per il progetto “Suoni di pietra”.

Call for Scores - Capitolo 2 - E di visi vide by Marcello Corti

Continua la serie di brevi articoli dedicati ai brani ricevuti e selezionati per il Call for Scores 2021 lanciato nel mese di marzo 2021 e in fase di conclusione.

E di visi vide di Francesco Bucci

E di visi vide è un brano composto da Francesco Bucci nel 2021 che ha partecipato al CfS emesso dall’Associazione Esecutori di Metallo su Carta e 19’40’’. Il brano, della durata di circa tre minuti e mezzo, viene presentato come Partitura palindroma orizzontale, originata da “disegno grafico notazionale” rappresentante facce nascoste per clarinetto basso, pianoforte, violino e violoncello. Prima del brano, è riportata una breve poesia, un epitaffio, che recita:

E di visi vide
espressioni
stanche, pavide, rassegnate
Non di quelle gialle da tastiera,
ma di esseri mortali disillusi e soli
E divisi vide

L’autore di questi versi è il compositore stesso.

Il brano ha una notazione tradizionale: gli strumenti sono notati in modo standard e non vi sono particolari segni grafici da sottolineare. La struttura del brano è evidentemente palindroma. Come nel caso di ANNA di Simone Farò, il titolo suggerisce in modo trasparente quanto le note manifestano. Oltre alla struttura simmetrica, il compositore ha nascosto all’interno dello spartito alcune facce: le note così come disposte sui pentagrammi, richiamano infatti i lineamenti stilizzati di visi portanti espressioni differenti. Si possono intravedere occhi stretti, smorfie di disgusto, o presunte tali, e sorrisi non troppo rassicuranti.

Uno o forse due volti nascosti

Gli schizzi effettuati tramite notazione sembrano richiamare delle antiche maschere africane, piuttosto che dei volti umani realistici. Anche il ritmo della composizione sembra avere caratteristiche primitive o tribali. Il contrasto stilistico con l’epitaffio iniziale è incomprensibile se non si conosce il percorso artistico e musicale di Francesco Bucci. Il compositore infatti viene da un mondo estremamente lontano dalla musica colta (che poi cosa significa musica colta?) e contemporanea: il metal. I versi sono tradotti in note da una sensibilità diversa da quella che riempie i cartelloni delle stagioni musicali istituzionali. Dietro ad un fenotipo metallico, aspro e tribale, vi è un genoma di delicato lirismo. Il risultato è un grande contrasto tra significato e significante. La resa sonora di un simile brano pone l’ensemble di fronte ad un interrogativo interpretativo: lasciar emergere e quindi accentuare il lato metallico o, al contrario, smorzarlo a favore di una esecuzione più morbida e vicina alla delicata epigrafe iniziale? La sfida è lanciata, spetterà agli Esecutori ed al direttore trovare una risposta.

Il frontespizio di E di visi vide

Quasi per rimanere coerente con se stesso, Francesco Bucci chiude il brano riproponendo il titolo stesso della composizione: il palindromo esce dalla forma musicale e raggiunge la sua esattezza solo su carta. Un modo simpatico ed efficace di ricordarci che la forma è sostanza, ma che l’ossessione Bouleziana per la resa sonora della forma talvolta è irrealizzabile.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

I motivi della nostra scelta sono molto semplici: ma ve lo immaginate Milano Musica che apre un programma musicale con un brano simile? No? Ecco: è esattamente per questo che lo abbiamo scelto. E di visi vide è un semiserio incontro tra la musica colta contemporanea e il metal degli Ottone Pesante, il gruppo di cui Francesco fa parte; è la sovrapposizione di un lirico e delicato epitaffio testuale ad uno schizzo grafico; è una naturale protrazione dell’enigmistica musicale tanto cara ad Enrico Gabrielli ma con un pensiero ed una ricerca timbrica più vicina al metal che all’accademia.

Nella sua semplicità, E di visi vide riesce a farci sentire liberi di camminare su strade che, per quanto conosciute, nessuno ha mai percorso sotto queste vesti. Seguiamo volentieri il tracciato di Bucci divertendoci ma soprattutto facendo divertire (e divergere) il nostro pubblico.

Qualche curiosità in più su cosa è successo nei mesi scorsi

Conosciamo Francesco Bucci da diversi anni: ha suonato con noi sia in occasione di Progetto Generativo (ricordate?) che di Histoire du Soldat. Inoltre ha inciso anche The Planets. Francesco ha creato un progetto unico al mondo: Ottone Pesante. Vi lanciamo volentieri nell’officina musicale dove oltre alle note vengono forgiati strumenti musicali, nelle fiamme.

È stata una sorpresa ricevere la partitura di un amico e di scoprire che dietro al suo lavoro si nasconde una ricerca indipendente e proprio per questo affascinante.

Chi è Francesco Bucci?

Trombonista e tubista di impostazione classica, studi jazz, indole hardcore/metallara. Ha spaziato tra i generi musicali più disparati per poi indirizzare i suoi sforzi verso una ricerca costante di nuovi linguaggi nella musica per ottoni. Si diploma in trombone nel 2005 e consegue la laurea di Musica Jazz (secondo livello) nel 2009. Inizialmente lavora come turnista in numerose formazioni di musica cubana, jazz, reggae, afro, pop (Ray Perez, Natural Biskers, Combo Marianao, Mas Salsera, Dunyakan, Gem Boy, Cristina D’Avena) e con la brass band Musicanti di San Crispino. Collabora con vari studi di registrazione in ambito pop / rock.

Alcune collaborazioni in studio: Calibro 35, IOSONOUNCANE, Ghemon, Diodato, Alessandro Ristori, Bologna Violenta, Cattle Decapitation, Nic Cester, Sacri Cuori, Musica per bambini. In ambito “classico” collabora con l’orchestra A.Corelli. 2007: prima pubblicazione coi suoi “Mister Gangster” (hardcore-swing) 2014: fonda B.R.ASS (con Paolo Raineri): sezione fiati ed etichetta discografica. 2015: fonda gli Ottone Pesante, dei quali è anche compositore, coi quali pubblica 5 dischi e partecipa a numerosi tour e festival in tutta Europa. Attualmente sta lavorando al suo nuovo progetto in solo per tuba e trombone.

Radio Raheem MIXTAPE by 19'40"

Da destra: Eduardo Stein Dechtiar, DENTE, Effe Punto

Alla Triennale di Milano è possibile imbattersi in Radio Raheem: una radio digitale indipendente che esplora il mondo della cultura contemporanea. In occasione di ContempoRarities 5, Radio Raheem ha realizzato tre speciali, uno per ogni data della stagione musicale anti-classica di Milano. I concerti si sono tenuti presso il non teatro del Santeria Toscana 31. I tre episodi sono raccontati da Damiano Afrifa, Sebastiano De Gennaro, Enrico Gabrielli ed Effe Punto, in arte Filippo Cecconi.

All’interno dei MIXTAPE trovate un’introduzione parlata (che potete saltare) ed una serie di ascolti che esplorano il terriccio attorno a cui abbiamo piantato il nostro piccolo seme. Convinti che questi semi cresceranno fino a diventare alberi e poi tavoli in case senza tetto, vi abbracciamo.

Call for Scores - Capitolo 1 - ANNA di Simone Farò by Marcello Corti

Inizia oggi una serie di brevi articoli dedicati ai brani ricevuti e selezionati per il Call for Scores 2021 lanciato nel mese di Marzo 2021 e in fase di conclusione.

Anna di Simone Farò

ANNA è un quintetto per pianoforte e quattro strumenti melodici composto da Simone Farò nel 2020. Ha partecipato al Call for Scores nella categoria “Originali”. La partitura si presenta totalmente manoscritta, compresi copertina e indicazioni per la performance. La durata della composizione è variabile: sebbene in partitura sia indicata una durata di circa sette minuti, Simone Farò, nell’allegato al testo musicale, ha indicato che la durata può essere anche inferiore. Nel nostro caso il brano durerà circa tre minuti e mezzo.

La partitura è parzialmente in notazione tradizionale, parzialmente in notazione grafica. In particolare la parte di pianoforte è posta su doppio pentagramma senza metro mentre gli strumenti melodici hanno parti disegnate e non distinte tra loro.

Come suggerisce il titolo, la composizione non solo è palindroma, ma la seconda parte subisce anche una sorta di processo di inversione. Tali procedimenti imitativi lasciano però intoccata la parte di piano, che procede tradizionalmente con uno sviluppo monodirezionale. La struttura del brano è evidenziata dalla particolare grafia del titolo: la seconda sillaba di ANNA infatti è sia speculare che invertita.

Un estratto di ANNA di Simone Farò

Il brano è diviso in evidenti sezioni, ciascuna delle quali introdotta da alcuni intervalli intervalli: Tali intervalli sembrano gradualmente assumere una identità più profilata e dare vita ad una scala. Su indicazione del compositore, tale scala è l’unione delle quattro aree intervallari di tipo Pelog secondo la teoria di Franco D’Andrea. Gli intervalli da cui la scala è composta sono anch’essi palindromi (La - Sib - Do# - Re - Mib - Fa# - Sol che tradotti sono -1s -3s -1s 0 +1s +3s +1s dove s equivale a semitono).

L’intero brano non ha un’indicazione di metro ma gli strumenti melodici sono invitati ad interagire in base ai suggerimenti del pianoforte. La notazione grafica, fisiologicamente interpretabile, è molto semplice: l’altezza del segno corrisponde all’altezza della nota che i diversi musicisti devono eseguire. Lo spessore del tratto indica la dinamica ed il suo sviluppo nel tempo. La divisione dei segni grafici tra diversi strumenti non è prevista dal compositore ma è lasciata alla scelta, si spera democratica, dell’ensemble. Emerge chiaramente l’impronta improvvisativa di questa composizione: l’esecuzione deve essere frutto di un processo decisionale condiviso.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

ANNA di Simone Farò ci ha da subito coinvolti per due motivi: innanzitutto eravamo alla ricerca di compositori che utilizzassero linguaggi non prettamente notazionali. Una partitura in graphic notation, anche se solo parzialmente, si inserisce in modo organico nel percorso di 19’40’’ e delle ultime uscite (ricordate Treatise?). Inoltre l’interessante incontro tra notazione tradizionale e notazione grafica scelto da Farò non è solo ben riuscito, ma anche poco diffuso e molto curioso. Le simmetrie, la razionalità, l’origine non prettamente musicale del fatto sonoro, sono alcuni dei percorsi in cui stiamo ricercando nuovi linguaggi e nuovi stimoli.

Si aggiungono a queste considerazioni, l’alta qualità della partitura sia da un punto di vista artigianale che concettuale e la natura ibrida del compositore. Simone Farò infatti ha un percorso musicale che lo avvicina fortemente a quello di 19’40’’. La curiosità con cui ha cercato e continua a cercare un linguaggio nuovo che unisca composizione tradizionale e improvvisazione, ci ha fatto sentire molto vicini a lui spiritualmente e umanamente.

Qualche curiosità in più su cosa è successo nei mesi scorsi

Simone ha partecipato al Call for Scores 2021 proponendo anche una partitura intitolata Talking, una trascrizione di Talking di Haruomi Hosono. Nella prima fase di scrematura, abbiamo selezionato sia Anna che Talking. Non ci siamo accorti di aver scelto due brani dello stesso compositore fino alla selezione finale: la selezione è stata fatta in una prima fase ad autori secretati. L’unico a conoscere i nomi era Marcello. Abbiamo voluto scegliere uno solo dei due brani ed abbiamo preferito puntare sul brano originale.

Chi è Simone Farò?

Simone Farò nasce a Torino nel 1992, inizialmente si dedica allo studio della chitarra, attraverso la pratica del jazz e successivamente si avvicina alla composizione tradizionale ed estemporanea. Studia e collabora con Stefano Maccagno, Roberto Dani, Pasquale Calò, Igor Sciavolino e Giuseppe Gavazza. Nel 2016 fonda, insieme ad altri musicisti di Torino, il collettivo Pietra Tonale; gruppo di ricerca sulla musica improvvisata con il quale si è esibito a Vienna, Berlino, Copenhagen, Amsterdam, Vilnius, Riga e altre città europee. Ha collaborato con il Museo Nazionale del Cinema di Torino per la sonorizzazione di due film muti (La Madre e La Morte e Il Fauno). Suona in diverse realtà rock-punk-noise dell’underground torinese: La Nuova Infornata, Naso2 e G.I.S.; collabora attivamente come copista per la casa editrice musicale Musica Practica.