Documentary

Otto merli sopra a un ramo by 19'40"

Francesco Fusaro e Sebastiano De Gennaro ci raccontano la video-opera dedicata e realizzata con otto bambini rinchiusi in quarantena nella prima ondata pandemica

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Otto merli sopra a un ramo 
Sedicenti musicisti
Cantan per ventiquattr'ore
Trentadue melodie tristi.
Son da tempo in quarantena
Perché fuori è un quarantotto!
Quanti giorni? 5/6?
Sembran più sessantaquattro!
"Per me son settantadue!"
Grida il bue da ottanta chili...
O forse erano ottantotto?
(Novesei, ma siam gentili...)
"Che sian cento con un quattro
C'entra poco se do dici!"
Disse un mago in tre secondi
A quei nove od otto amici.

Sono un grande ammiratore dell'opera di Toti Scialoja, che nella sua forma letteraria si declina spesso in un mondo di animali ritratti, con giochi di parole e allitterazioni funamboliche, in buffe avventure molto grottesche e molto antropomorfe. L'ammirazione si è estesa al cimentarmi con qualche poesia e filastrocca in stile, che ho chiamato scialojades e che tengo nei miei taccuini.

Fra questi omaggi privati, avevo cominciato a lavorare (sincronicità junghiana nella quale credo fortemente) ad un componimento a base numerica sui multipli dell'otto. Quando Sebastiano ha scritto ad Enrico e me per suggerirci di lavorare a qualcosa che potesse coinvolgere i suoi otto giovani e giovanissimi allievi, ho pensato fosse l'occasione giusta per portare il lavoro a compimento. Ma ahimè non riuscivo a trovare il taccuino su cui si trovava la bozza originale, così mi sono trovato costretto a riscriverla da capo. E forse è stato meglio così? Se un giorno la ritroverò, ve lo farò sicuramente sapere!

Venendo alla tradizionale analisi stilistica, vi posso dire che tutta la filastrocca è in ottonari, per essere coerenti con la base di partenza, ovvero i nostri otto giovani musicisti. 4 le stanze in totale, 16 i versi. La serie dell'8 termina a 104 per colpa del mago che, come tradizione vuole, scombina tutto facendoci saltare con un colpo di bacchetta direttamente al 12 (permettendoci anche il gioco di parole musicale, con citazione della nota di impianto della musica di Sebastiano) nella sua frase di 3 secondi che ci fa fare un breve passaggio proprio attraverso i multipli di 3 (citiamo infatti il numero 9, ovvero 12 - 3, ma anche 8 merli + 1 bue) e quindi, chiudendo da dove avevamo cominciato, ai nostri otto merli musicisti. Ci sono anche altri giochi di parole a base numerica ovviamente, come il 16 nascosto in "sedicenti", il 40 in quarantena o il 56 spezzato in 5/6 per rispettare il metro della filastrocca, e via dicendo.

Quando si è trattato di registrare la voce, ho pensato di abbassare la mia lettura di un semitono per darle una pasta da disco che perde pian piano giri, o da cassetta (ricordate le fiabe Fabbri Editori? Nel 2004 ci ho fatto anche un disco con due cari amici, campionandole e rimontandole in maniera molto irriverente...) che si sta lentamente smagnetizzando. Ho poi ripassato la voce ulteriormente con vari effetti per permettere a Sebastiano un montaggio variegato, sapendo che avrebbe gradito fare un editing a partire da materiale così surreale. Il risultato è una breve filastrocca per adulti fatta da bambini. Perché sono i bambini che hanno sofferto in questi mesi le burle amare di un mago molto pasticcione e distratto, e temo che solo il tempo ci darà la misura di ciò che hanno patito.

Francesco Fusaro

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Durante i mesi di lockdown nella primavera del 2020 mi sono trovato quotidianamente davanti al computer. Sullo schermo, a turno uno dopo l’altro, i miei otto giovani allievi di percussioni: Carlo, Zoe, Gioele, Lorenzo, Francesca, Matteo, Mattia, Kamillia. Alle loro spalle, un divano, la porta del bagno, il mobile della cucina, la sorella in tuta pronta per la lezione di danza da remoto, un cane che salta da destra a sinistra poi da sinistra a destra. Tutte le settimane a tentare di fare un’impossibile lezione di percussioni, senza strumenti, con mezzo secondo di latenza nell’audio, con connessioni per lo più scadenti, con un suono tremendo e a volte indecifrabile, e con la frustrante ed ossessionante domanda in testa: perché sono qui, anziché a fare i miei concerti? 
La risposta è banale: era importante continuare a coltivare quello scambio da persona a persona, quello scambio di informazioni ed affetto, che è poi il modo giusto di insegnare musica. Otto merli sopra a un ramo è l’idea che ci ha permesso di spingerci oltre alla faticosa esperienza DAD ed entrare nel più bel campo che esista, quello della creatività collettiva. Questa piccola video-opera raccoglie otto quadri di isolamento domestico e li mette in relazione attraverso una musica ed un testo composti appositamente per questi giovani musicisti. È stata ideata e realizzata eroicamente, in una situazione in cui le limitazioni erano pressoché totali per gli 8 piccoli musicisti e per i 4 adulti dietro a questo progetto.

La musica di questa video-opera è fatta di necessità (e di virtù): otto glockenspiel giocattolo in quanto unici strumenti a disposizione di tutti, dei richiami per uccelli (disinfettati imbustati e consegnati via posta ai rispettivi domicili), delle parti modulate sui rispettivi livelli musicali dei bambini e soprattutto eseguibili con un metronomo in cuffia (ostacolo gigantesco) ed infine la necessità di avere uno strumento musicale con frequenze acute, le uniche frequenze che si mantengono vagamente intelligibili attraverso l’audio di un telefonino. 
Il risultato è una sorta di minimalismo lo-fi d’infanzia, un carillon sinistro che non evoca certamente culle, bambole o caramelle bensì inquietudine e desiderio d’incontro.
Come nella migliore tradizione della minimal music americana (e ovviamente citando In C di Terry Riley)
il brano comincia, e termina, con un loop di Do ribattuti da tutta la compagine all’unisono. Gradualmente il loop si trasforma secondo l’ordine dei multipli dell’8 (sulla base del testo di Francesco), ed ogni cifra è rappresentata da un bambino che cambia leggermente il proprio loop, seguendo il ritmo della filastrocca.

Sebastiano De Gennaro

musica

Sebastiano De Gennaro

testo e voce

Francesco Fusaro

gli otto giovani musicisti

Carlo, Zoe, Gioele, Lorenzo, Francesca, Matteo, Mattia, Kamillia

disegno

Pietro Puccio


montaggio video


Marcello Corti

disponibile dal 12 novembre 2020, anche per non abbonati, su www.patreon.com/19m40s

Art Music v Sound Art by Francesco Fusaro

There's art music and then there's sound art, and this already too confusing, mainly because the two things don't really go well together. Actually, it seems more a case of the first happily ignoring the existence of the latter, which is a shame, because sound art has pushed the boundaries of what is to be considered music more than art music has, at least in the last 30 years. Yes, that's a bit of a statement, particularly if we take into account that, as a term, sound art has been used for the first time in the early 80s... But what is probably true is the fact that sound art has brought odd but fascinating music-making practices into art galleries and museums, while art music was (is?) struggling to see itself recognised as a legit art form. Another linguistic paradox here, sorry about that.

Even for the art world, though, sound art is still a bit of a novelty ("Wait, what? You can use your ears as a mean of aesthetic appreciation?"), and this fascinating article by Artnet News on the "Twelve Sound Artists Changing Your Perception of Art" is proof that there's a brave new world out there for you to be discovered. You, and the many sullen contemporary composers happily ignoring the sound in their art music

C'è la musica d'arte e poi c'è la sound art, il che rappresenta già una bella fonte di confusione terminologica, principalmente per il fatto che le due cose non vanno sempre necessariamente a braccetto. O meglio, sembra più che altro che la prima sia ben felice di ignorare la seconda, il che è un peccato se si considera che proprio la sound art ha contribuito ad allargare i confini di che cosa si possa considerare musica più di quanto abbia fatto la stessa musica d'arte. Affermazione importante, non c'è dubbio, soprattutto dopo aver constatato che il termine sound art viene impiegato solo dall'inizio degli anni Ottanta... È vero però che proprio questa disciplina artistica ha contribuito a portare nelle gallerie e nei musei delle forme inconsuete (e alle volte bizzarre) di produzione musicale, mentre la musica d'arte faticava (fatica?) ad essere riconosciuta come una forma d'arte tout court. Un altro paradosso linguistico, pardon.

Persino per il mondo dell'arte, tuttavia, la sound art rappresenta tutto sommato una novità («Come dici? Si possono usare le proprie orecchie come strumento di apprezzamento estetico?»), e questo articolo di Artnet News intitolato "Twelve Sound Artists Changing Your Perception of Art" è la dimostrazione che c'è un mondo nuovo lì fuori che aspetta solo le tue avventure. Le tue, e quelle degli accigliati compositori contemporanei beatamente ignari del sound nella loro musica d'arte.  

The Perfect Ping by Francesco Fusaro

Do you remember that famous Monty Python's sketch, The Miracle of Birth, out of that romp that is The Meaning of Life? A pregnant lady, lying in the delivery room, surrounded by a stack of doctors, nurses and expensive machinery, including "the machine that goes ping"? Well, it turns out that figuring what a "ping" needs to do inspired a couple of brilliant people to write what has been dubbed "the world's ugliest music", i.e. music without repetition at all.

OK, you have probably been frowning like William Blake's night since the beginning of this post, so let's clear this mess up, shall we? In the 60s, electrical engineer John Costas was trying to solve the problem of poor performance of sonar systems. The "ping" used at the time wasn't particularly informative, so Costas got in touch with mathematician Solomon Golomb to solve the problem. This is how the two got into creating a sequence of notes that avoid repetition. At all. Weird enough, so click below to listen to Scott Rickard unjumbling the whole thing and introducing the premiere of "the world's ugliest music". (Spoiler alert: that music might not be particularly ugly to you!)

Ti ricordi quel famoso sketch dei Monty Python, The Miracle of Birth, tratto da quell'ottovolante che è il loro film The Meaning of Life? La donna partoriente, stesa in sala parto e circondata da un'ammasso di dottori, infermiere e strani aggeggi, fra i quali «la macchina che fa ping»? Beh, a quanto pare la ricerca intorno a come un tal suono ("ping") debba esattamente comportarsi avrebbe spinto due menti eccelse a produrre «la musica più brutta del mondo», ovvero musica senza alcuna ripetizione.

OK, la tua espressione accigliata ci dice che è il caso di fare un attimo di chiarezza, che dici? Allora: negli anni Sessanta l'ingegnere elettrico John Costas stava cercando di risolvere il problema della scarsa resa dei sonar impiegati all'epoca. Il tipico "ping" usato non era infatti in grado di fornire informazioni accurate, così il buon Costas si mise in contatto con il matematico Solomon Golomb per dirimere la questione. In questo modo i due finirono per creare una sequenza di note che evita qualsiasi ripetizione. Piuttosto bizzarra come cosa, infatti lascia che Scott Rickard qui sopra ti spieghi per benino il tutto, prima di introdurti alla première della «musica più brutta del mondo». (Spoiler alert: potresti anche trovare quella musica davvero non così brutta!)  

People Who Do Noise by Francesco Fusaro

"Wherever we are, what we hear is mostly noise. When we ignore it, it disturbs us. When we listen to it, we find it fascinating". This is the often-cited opening of John Cage's famous The Future of Music — Credo. If you have ever done some experiments on yourself, you already know the feeling: there is nothing more annoying when you are doing something else and being distracted (tortured?) by background noise. Even music can become obnoxious if it is forced on us (Guantanamo, anyone?). We will probably go back to the topic on our blog, but for now, let's focus on noise.

It is true that noise can become weirdly intriguing if you pay attention to it. It's supposed to be the opposite of music, which (at its basic definition) is a way to organise sounds. But what sort of sounds? Can we organise what is chaotic by nature and make it somehow (German philosopher Hans Robert Jauss would probably hate the word) enjoyable? Can you record, press and sell noise music (itself a linguistic paradox) to the masses? The answer is yes, at least from a very pragmatical point of view: Noise has been part of the spectrum of marketable music for a while now. So you probably want to learn more about it, because you are a curious individual as much as we are, right? As Dennis Edwards would put it, "don't look any further", here is Portland-centred documentary People Who Do Noise.

«Ovunque ci troviamo, ciò che udiamo è per la maggior parte rumore. Quando lo ignoriamo, ci disturba. Quando lo ascoltiamo, ne siamo affascinati». Questo è il citatissimo incipit di The Future of Sound — Credo di John Cage. Se hai mai fatto degli esperimenti su te stesso, lo sai già: non c'è niente di più fastidioso che cercare di contentrarsi su qualcosa mentre si è distratti (torturati?) dal rumore di sottofondo. Persino la musica può diventare insopportabile se ci viene imposta con la forza (qualcuno ha detto Guantanamo?). Torneremo probabilmente sull'argomento, ma per il momento concentriamoci sul rumore.

È un fatto che il rumore possa diventare curiosamente intrigante, se gli si presta attenzione. In teoria si trova all'opposto del concetto di musica, la quale (nella sua definizione più elementare) non è che un modo per organizzare i suoni. Ma quale tipo di suoni? Si può organizzare ciò che per sua natura è caotico e renderlo in un certo senso (il filosofo tedesco Hans Robert Jauss probabilmente odierebbe il termine) gradevole? Si può registrare, stampare e distribuire il rumore alle masse? La risposta è sì, quanto meno da un punto di vista pragmatico: il rumore (meglio: noise) fa parte dello spettro della musica commerciabile ormai da un po'. Quindi probabilmente ne vuoi sapere di più, perché sei un inguaribile curioso come noi, giusto? Per citare Dennis Edwards, «don't look any further», non cercare altrove: clicca più sopra per guardare il documentario sulla scena musicale di Portland intitolato People Who Do Noise.

C'è musica e musica by Francesco Fusaro

There was a time when you could watch Italian composer Luciano Berio (probably one of the sharpest mind to come out of the Peninsula) discussing the aesthetics of music on television. That was back in the 70s when people were so lovely naive to think that TV could educate and entertain... We are afraid those dancing days are gone, but at least we can sort of revive them through online streaming. C'è musica e musica is a wealth of music (and philosophical) ideas, thanks to a truly impressive array of guests: Elliott Carter, Karlheinz Stockhausen, Darius Milhaud, John Cage, Yannis Xenakis, John Tavener, just to name a few... What is the difference between popular and art music? What is the role of the audience in the process of music making? And of the composer? These and many other questions are debated in the twelve episodes of this must-watch series. As our man Enrico Gabrielli would put it, even students in schools should watch it...

C'è stato un tempo in cui ti poteva capitare di trovare Luciano Berio (cioè una delle menti più acute uscite dalla Penisola) che discute di estetica della musica in televisione. Ovviamente stiamo parlando degli anni Settanta, un periodo in cui le perosne erano così amabilmente naive da credere che quello il piccolo schermo possa educare, oltre che intrattanere... Temiamo che quei bei tempi siano belli che andati, ma almeno possiamo riviverli (circa) grazie allo streaming online. C'è musica e musica è un tesoro di idee filosofiche e musicali, e questo grazie anche ad impressionante lista di ospiti: Elliott Carter, Karlheinz Stockhausen, Darius Milhaud, John Cage, Yannis Xenakis, John Tavener, giusto per fare qualche nome... Che differenza c'è fra musica d'arte e popular? Qual è il ruolo del pubblico nel processo di creazione musicale? E quello del compositore? Queste ed altre questioni sono dibattute nei dodici episodi che compongono questa serie televisiva a dir poco fondamentale. Come direbbe il nostro Enrico Gabrielli, sarebbe da far vedere nelle scuole...  

5 Lessons on Music with Alessandro Solbiati by Francesco Fusaro

We will never hide the fact that we see 19'40'' as an educational platform. Call us pretentious and naive (we still live in a world dominated by turbocapitalism, don't we?), we would still think that the albums we release and the posts we publish on our blog should be seen as significant landmarks of your journey with us. In the next months (and years) we will try to bring you the most diverse, unpredictable and exciting music content you could expect from our large-scale project. This is why today we are really happy to introduce you to Alessandro Solbiati and his lessons on classical music for Radio 3, Rai's channel dedicated to art music, literature and politics.
It is probably safe to say that Solbiati is one of the most influential figures of Italian contemporary music. Born in 1956 in Busto Arsizio, near Milan, he studied composition with Sandro Gorli and Franco Donatoni, and he is currently teaching composition at the Conservatorio Giuseppe Verdi in Milan. In his lessons for Radio 3, Solbiati will take you through a journey encompassing the music of Ligeti, Nono, Berio, Ravel, Poulenc and Rachmaninov.
 

Our adventures through our music galaxy have just begun, keep on following us...

Non ti nasconderemo certo il fatto che dietro 19'40'' si celi anche un intento educativo. Certo, parlare di educazione oggi, nel regno del divertimento senza fine e della irrefrenabile soddisfazione di tutti i desideri (sì, stiamo parlando del tardocapitalismo), suona al tempo stesso pretenzioso ed ingenuo. Prendici come pretenziosi ed ingenui, se credi, ma sappi che noi vediamo ogni nostra uscita e ogni nostro post su questo blog come tappe di un viaggio che ti porterà nei prossimi mesi (ed anni) ad approfondire e scoprire un repertorio variegato, imprevedibile ed emozionante. Per questo oggi siamo molto contenti di presentarti le lezioni di musica che Alessandro Solbiati ha recentemente tenuto per Radio 3.
Nato nel 1954 a Busto Arsizio, Solbiati ha studiato composizione con Sandro Gorli e Franco Donatoni ed è attualmente docente di composizione presso il Conservatorio G. Verdi di Milano. Una delle più influenti figure del panorama musicale contemporeano in Italia, Solbiati ti farà ascoltare musiche di Ligeti, Nono, Berio, Ravel, Poulenc e Rachmaninov.


Le nostre avventure attraverso la nostra galassia musicale sono appena cominciate, continua a seguirci...

Shotgun Boogie: New Orleans by Francesco Fusaro

Do you remember Katrina? How has New Orleans changed since then? How has the music community been affected by the catastrophe? Armed with a film crew and a travel visa, Italian sound engineer Michele Boreggi chronicles his experiences creating a documentary series with musicians from New Orleans. Together with US fellows Colleen Rowley, Hannah Swenson and Sean O'Grady, Michele meets with locals in their homes for intimate acoustic performances and conversations addressing contemporary social issues. Shotgun Boogie consists of twelve episodes with 3 different sections (Reflections, Explorations, Conversations). Is New Orleans similar to Genoa, or more like Naples? We don't know yet, but we can't wait to see the entire series. Watch the trailer to feel as excited as we are, and find more about it here.

Chissà a che cosa pensi quando diciamo New Orleans. All'uragano? Ai funerali della comunità di colore, quelli itineranti con musica? Com'è vivere a New Orleans oggi? Fa ridere pensare che il nome viene da Filippo II, duca di Orléans: cerca il suo ritratto e poi torna a pensare agli Stati Uniti del jazz... OK, ci stiamo perdendo. Volevamo parlarti di Shotgun Boogie, documentario dell'ingegnere del suono Michele Boreggi. Michele se ne è andato a spasso per la più grande città della Louisiana (la cui capitale in realtà è Baton Rouge) con i suoi amici Colleen Rowley, Hannah Swenson e Sean O'Grady. È entrato nelle case dei musicisti del luogo, li ha fatti suonare e parlare e ne ha tirato fuori un documentario di 12 puntate, divise in 3 sezioni (Reflections, Explorations, Conversations). Non vediamo l'ora di spararcelo tutto. Qui sopra il trailer del documentario, qui il sito ufficiale del progetto.