Enrico Gabrielli Enrico Gabrielli

Storia di un compositore para-occasionale, ad uso di chiarimento personale (1996-2022)

1999

Magari non è chiaro per chi è avvezzo solo alla popular music, ma quando si scrive musica (scrivere nel senso specifico del termine) non si è coinvolti direttamente come esecutori. E spesso nemmeno come direttori. Nel campo della musica classica queste tre formule comportamentali designate come esecutore, direttore e compositore sono carriere completamente diversificate.

Si studia una vita per divenire almeno una di queste tre cose, e a parte alcuni casi storici (che ne so, Luigi Boccherini, W.A. Mozart, Giovanni Sollima…), si preferisce declinare l’auto-interpretazione. Come a dire: matematica, fisica e astrofisica fanno tutte capo al concetto di mamma matematica. Ma poi si sceglie.

Ci tengo specificare queste cose per non tradire le aspettative di chi legge un programma di musica colta e si aspetta che quel tizio che ha scritto quella cosa sia presente in veste di musicista performer. Quando realizzai le variazioni per orchestra su Bella Ciao lo scorso 25 aprile, c’era gente che sia aspettava fossi lì anche io, magari con una bandierona con la falce e il martello davanti all’orchestra de La Scala.

Ecco, non funziona così: quando si fa i compositori in genere si fa i compositori, ci si siede in un punto in ombra della sala e si aspetta la fine del brano come un qualsiasi ascoltatore. Se si è fortunati, possiamo compartecipare della sincerità di un estraneo che potrebbe dire la sua a bassissima voce all’amico di fianco, ignorando che tu sei il compositore. Se succede, è un evento impagabile. Bene o male che vada.

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Ricordo nel 1995 quando partecipai, io 19enne imberbe, al corso di Salvatore Sciarrino al Festival delle Nazioni di Città di Castello e precipitai in una classe di fuori-classe (c’erano Mauro Lanza, Francesco Filidei, Carlo Carcano, Lorenzo Pagliei, Daniele Faraotti e mi pare pure Pierluigi Billone e Emanuele Casale) non volli assistere all’unica esecuzione di un mio brano per clarinetto solo dal titolo Riflessione I. Che titolaccio mamma mia…

Quel corso me lo pagai con il lavoro di cameriere durante il Palio di Siena l’estate in cui tutto il cast di “Io ballo da sola” si presentò al mio ristorante. Erano un sacco di persone ed ero talmente scimunito che non mi accorsi né di Bertolucci, né di Jeremy Irons, né della mia coetanea Liv Tyler.

Dicevo che non assistetti all’esecuzione di “Riflessione I” e ricordo benissimo che uscii non appena il brano iniziò. Tutta la spesa, tutta la fatica e tutto il percorso di studio risolto in un semplice gesto di auto-negazione. Ma non me ne pentii sinceramente. Per quanto giovane, ero coscientemente disinteressato a sentire l’esito del mio pensiero compositivo. Probabilmente perché non ce l’avevo, e non avevo voglia di confrontarmi con il mio “niente da dire” interiore.

Passarono anni prima che mi confrontassi di nuovo con la materia, e fu ad un meeting di giovani compositori organizzato nel 1998 da Marco Tutino in seno all’Arena di Verona (che pessimo gruppo di strumentisti, mamma mia ancora me lo ricordo…). Il centro di interesse verteva sulla musica colta che avrebbe dovuto incontrare gli strumenti e i luoghi della musica rock. Come relatori aggiunti erano intervenuti Ludovico Einaudi (prima di essere ciò che è) e il caro scomparso Piero Milesi, padre del minimalismo italiano nonché arrangiatore degli ultimi lavori di De André. Tra i miei compagni di corso c’era un giovane e ambizioso Oscar Bianchi e il mio caro amico di una vita Carlo Carcano, prossimo a diventare il più bravo arrangiatore che l’Italia abbia mai avuto alla fine del millennio. Il brano che ne scaturì si chiamava Corto azzurro all’avventura in un dì senza paura. Considerando che non sono un compositore tutto sommato esigente, conservo in audiocassetta ancora quell’esecuzione, ma fu un disastro talmente conclamato che mi procura feroce imbarazzo ad ascoltarla.

Nel 2000 vinsi il concorso di composizione del Conservatorio di Milano (una forma embrionale del Premio del Conservatorio) con un lavoro per piccola orchestra dal titolo Dall’alto, a sinistra del leccio. Era un brano che usava esclusivamente le quattro note che compongono la parola B.A.C.H. e grazie a questa prima forma di gioco limitativo, intuì che me la cavavo meglio con i terreni ristretti a poche regole piuttosto che ai vasti campi aperti. L’esecuzione venne affidata a Milano Classica diretta da Vittorio Parisi, in Palazzina Liberty e fu una buona esecuzione, tanto che mi valse l’interesse (ma dovrei proprio dire la passione carnale) di un tale di nome Nikos Velissiotis, capo dell’etichetta Agorà Classica. Costui mi tenne per scemo, semi ostaggio in una casa ufficio piena di laser disc, mini disc (erano gli anni di “Strange Days”, signori e signori…), compact disc di classica confusa e dozzinale, pezzi di antiquariato ellenico dal sapore di ricettazione. Voleva da me un disco di composizioni con il caveat: “cartoline di Napoli per turisti giapponesi”.

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Per fare ciò chiamai a raccolta i Mariposa, il mio laboratorio umano, la mia confort zone. E questa cosa non piacque al signor Velissiotis. Spesi soldi per registrare cose con persone. E dopo due anni la faccenda si inabissò. Ne rimase traccia nel disco “Nuotando in un pesce bowl” e in seguito nella versione meta-composta “Metamorfosi di canzoni napoletane” con Timet. Dischi entrambi introvabili.

Anzi se li trovate, fatemi un fischio.

La mia carriera compositiva, già nel 2000, era pressoché conclusa. Avevo abnegato alla musica colta per intraprendere una specie di apprendistato sul baratro dell’art-rock underground. Questo anche dopo essere stato in qualità di clarinettista defenestrato dall’ensemble Risognanze, dopo anni di nuova musica subiti sulla pelle. Palestra incredibile, ma solo palestra.

A tal proposito (mi si perdoni digressioni e parentesi, ma alla soglia dei 46 anni ne ho di cose da raccontare…), l’estromissione avvenne a Saronno per la preparazione (mi pare) del Pierrot Lunaire di Arnold Schöenberg. Io feci ritardo causa treno, il direttore mi rimproverò e io gli risposi “Maestro, non mi rompere i coglioni”. Al che venni lasciato in attesa dentro il tinello di una casa X mentre gli altri provavano. Fine del rapporto di lavoro.

Io in quell’ensemble avevo allenato l’estro: in un concerto durante il Tiroler FestSpiele di Erl, creatura megalomanica del maestro austriaco Gustav Kuhn, l’ensemble Risognanze eseguì un brano molto complesso e molto veloce di Emanuele Casale. In partitura il clarinettista (io appunto) avrebbe dovuto suonare una campanella proprio alla sua conclusione e io disgraziatamente me l’ero dimenticata nel backstage. Mentre il brano scorreva e io suonavo, iniziai a scervellarmi per risolvere il dramma. Ero in totale rush, a “5 minuti dalla fine”… poi ebbi un lampo di genio: presi il copri bocchino (per fortuna in ferro) e sfilai il punteruolo (per fortuna anch’esso in ferro), lanciai in aria il primo e lo colpii con il secondo nell’esatto secondo in cui avrei dovuto suonare la campanella.

Perfetto.

Se non che la ferraglia fece una palombella e in una scena in moviola degna di una sforbiciata ai campionati mondiali, cadde sulla fronte di un tizio del pubblico in sala. Il che fece un secondo suono, più sordo, più di carne. Forse più interessante di quanto il compositore potesse sperare.

Negli anni che seguirono scrissi musica. Eccome! Brani che sono nel mio personale archivio, tutto rigorosamente su carta, quasi in copia unica. Molti tentativi di concorso. Nessun riscontro. Nessuna esecuzione. Cito alcuni titoli: Corto bianco in fuga (per quartetto d’archi e clarinetto piccolo in Mib), Corto Giallo dedicato a Galileo (per orchestra), Piccolo diorama teatrale (per gruppo di musicisti bambini), Fiabe dall’Adolescenza (per flauto e pianoforte), Suoni oltre sera (per clarinetto e pianoforte), un corpus di Falsi classici.

Nel 2004, se non erro, iniziai a scrivere La Milleundecima Notte, su libretto di Sergio Giusti e soggetto di Michael Ende. Tecnicamente è finita, ma praticamente non lo è. Storia lunga…

Vagavo inquieto tra non-tonalità, para-permutatività, sistemi scalari difettivi, giochi d’insieme senza insieme, suggestioni cinematografiche, utilizzo parodistico di transitori d’attacco, polarizzazioni, cangianze... Pure la new age acustica non era lontana dai miei pensieri.

Mi dovetti registrare da solo, ormai nel 2009, un brano dal titolo Matematica Naif per rinfocolare la brace del piccolo fuoco sacro compositivo. Quel brano è contenuto in “Der Maurer, vol. 1” (Trovarobato Parade, 2010).

Conobbi Sebastiano De Gennaro probabilmente intorno al 2008, tramite Giorgio Prette, storico batterista degli Afterhours. Assieme a pochissimi altri, credo sia stato l’incontro musicale più importante che abbia mai fatto: con Sebastiano ho trovato un autentico sodale, una specie di anima eletta e allo stesso complementare con cui ho costituito un nucleo stabile di collaborazione senza scadenza.

Facemmo un periodo di concerti in duo, se così si può dire, molto selvatici. Tentavamo l’arduo compito di portare nei circoli ARCI, nei club o nei locali la musica colta su carta, eseguita con lo spirito tra il divulgativo e il guastatore per un pubblico che nei migliori dei casi teneva una birra in mano. Nei peggiori se ne andava o parlava della Juventus al bancone. L’impaginato comprendeva musiche di John Cage, Edmund Champion, Iannis Xenakis, Francis Poulenc, Steve Reich e qualcosa dello stesso Sebastiano e a rotazione cambiavamo. Il pezzo forte era in genere una versione “eroica” di Workers Union di Louis Andriessen, fatta a nudo e crudo con me al sax contralto e Sebastiano alle pelli e ferraglia, un brano omoritmico e violento della durata reale di 15 minuti. Ricordo al Locomotiv di Bologna nel lontano febbraio 2010, in apertura degli The Zen Circus, io persi i sensi dopo i primi 5 minuti del brano. Venne un’ambulanza, interruppero tutto. Fu un mezzo macello.

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A distanza di anni abbiamo deciso di registrare questa versione in prospettiva della prossima uscita che si chiamerà Musica Politica (19m40s_19).

Di lì a poco decisi di iscrivermi di nuovo in Conservatorio di Milano nella classe di Alessandro Solbiati. Era il 2015 e quando rimisi piede in quel chiostro e salii le scale per i corridoi mi resi conto che erano passati circa quattordici anni dalla clausura del settimo di composizione tradizionale che avevo passato con Danilo Lorenzini. Nel frattempo l’Istituzione era divenuta una specie di università, con frequenza, esami, materie diversificate, ma per quanto non fossi ancora padre e non avessi il tempo risicato che ho adesso, non sarei mai riuscito a calendarizzare tutto il percorso di studi. Mi limitai a frequentare la classe di composizione dove assieme a me c’erano Pietro Dossena, Mattia Clera, Leonardo Marino, Marco Gaietta e Mauro Saleri e finché non arrivò la chiamata “alle armi” di Polly Jane Harvey io seguì al meglio ciò che potevo.

Nonostante la mia disincantata assenza di sistematicità e la mia veneranda età (39 anni cristoddio santissimo), partecipai al Premio del Conservatorio del 2015 e arrivai secondo classificato con un brano che reputo ancora adesso uno dei miei migliori lavori: Corti per Niccolò Castiglioni per 6 esecutori. Venne eseguito con garbo e cura da Mauro Francesco Bonifacio assieme all’ensemble di contemporanea degli studenti del Conservatorio, all’interno del quale brillavano Ethel Colella all’arpa, Carlotta Raponi al flauto e Damiano Afrifa al pianoforte (divenuti in seguito membri degli Esecutori di Metallo su Carta). Il secondo posto al concorso significava la commissione per un brano da camera (violino e pianoforte) e lo scrissi in previsione di un concerto programmato nel febbraio 2016. In quel periodo stavo leggendo un bel libro dello scienziato acustico inglese Trevor Cox e lì si accennava di un sacro gioco di parole “a reverbero” contenuto nel Musurgia Universalis di Athanasiuas Kircher: Tibi vero gratias agam quo clamore? Amore, more, ore, re. Scrissi un brano dal titolo Clamore, amore, ore, re che ancora adesso osservo con un misto di curiosità e di apprensione. Dopodiché seguì il tentativo (fallimentare) di partecipare al Premio Trio di Trieste con un brano dal titolo Allotropi. Da questo brano, conclusosi faticosissimamente in pieno tour con P.J. Harvey tra Londra e Varsavia, trassi una trascrizione per Sebastiano che finì nel disco “Il Picchio” (19m40s_03) con il titolo Coppia di allotropi. Questo brano è diviso in due movimenti, a là Donatoni: ho capito che la contrapposizione “a doppia pagina bianca” è un modo con cui mi piace impostare la musica che scrivo. Ci ho messo un sacco per capirlo però.

Ad esempio, sempre del 2016, avevo partecipato ad un concorso di scrittura pianistico per l’infanzia e avevo avuto una specie di menzione speciale con il brano Sei facce di un dado dove la forma a “racconto breve” era inscritto nel titolo. Era un sistema pratico, quello della parure di brani brevi perché ti concedeva rapidi cambi scenari e un alleggerimento del percorso formale.

“Corti per Niccolò Castiglioni” anche era così, composto da sette brani aforistici (I., II. “porti”, III. “fermo”, IV. “colpi”, V. “chiese”, VI. “fischi”, VII. “spilli”) che condividevano programmaticamente un’affinità con il mondo infantile, acuto e tintinnante del grande compositore lombardo. Di Niccolò Castiglioni conservo ancora memoria della silhouette affaticata e malandata, per i corridoi delle classi al secondo piano del Conservatorio; morì nel 1996 e io ero studente in una Milano da poco uscita da Tangentopoli, con le fabbriche ancora a regime, i riscaldamenti a gasolio, le cabine pubbliche. La mia principale ambizione era, allora, di divenire compositore puro. Ma a differenza di Ennio Morricone che fino all’ultimo istante si è trascinato un grande rimpianto per non essere riconosciuto come musicista “assoluto” io francamente ci ho messo una pietra sopra.

And let’s go rock’n’roll.

Durante questo periodo di ritorno ai banchi scolastici in stile De Amicis, conobbi Francesco Fusaro che faceva tre cose contemporaneamente: il giornalista, il musicologo e il dj contravvenendo al principio di diversificazione che impone la scienza applicata all’arte musicale (come dicevo in incipit). Venne a casa mia, a Milano, per una serie di interviste fiume che avrebbero dovuto corredare i deep-contents di Rockit. Una mente brillantissima -issima -issima apparsa nella mia cucina, così, a gratis.

I discorsi con lui investivano sfere complesse di approccio alla materia musicale in senso lato, dalla “scena musicale” all’attivismo politico culturale, dal crollo delle ideologie alla tecno italiana. Nel maggio del 2015 al Biografilm Festival di Bologna avevo presentato con EneceFilm e Sergio Giusti quello strano oggetto titanico dal titolo UPM – Unità di Produzione Musicale e parlammo anche di quello (se non erro). Ma, anche grazie a quelle chiacchierate, sempre di più si rafforzò in me la convinzione che un pensiero compositivo potente potesse non passare necessariamente dalla tecnica accademica.

A dimostrazione di questa teoria nacque il progetto di trascrizione di brani della scena Math-Metal-Noise-Instrumental italiana per organico acustico. A mio avviso i compositori “orali” dietro a quel mondo potevano avere molto da dire in forma di scrittura su carta e selezionai una decina di brani tra i tanti possibili. Registrammo negli studi della SAE Institute Milano con un gruppo di studenti fonici ciò che avremmo chiamato in seguito “Esecutori di Metallo su Carta: Progetto Generativo”. Quel gruppo altro non era che un espansione del nucleo Der Maurer – De Gennaro a misura di ensemble.

Quando io e Sebastiano, dopo aver pubblicato i nostri primi dischi  (“Hippos Epos” Trovarobato/Parade, “All my robots” MeMe e “1940/19’40’’ on Cage” [+ Der Maurer] Trovarobato/Parade) ci rendemmo conto che non c’era altro da fare che costruirci una nostra auto-casa editoriale, coinvolgemmo anche Francesco.

E così nacque 19’40’’.

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Seguirono i festival come ContempoRarities al Teatro di Santeria Social Club giunto alla quinta edizione - anzi settima, se non ci fosse stata una merda di pandemia.

E il Puntuale Festival, grazie al quale dobbiamo per forza ricordare un’esecuzione dei Tierkreis di Stockhausen nel centro dell’avamposto pseudo-benignesco dell’Arci Progresso di Firenze.

E il “FuckBloom? Alban Berg!” al Bloom di Mezzago, dove si cantano le gesta di un’ Histoire du Soldat di Igor Stravinsky con quasi 300 paganti.

In quell’occasione ebbi modo di stringere uno splendido rapporto di collaborazione con la straordinaria violinista Yoko Morimyo, membro stabile degli Esecutori di Metallo su Carta. E con quello che sarebbe divenuto l’attuale quarto componente, il Winston Zeddemore per così dire, della 19’40’’: il direttore e trombettista Marcello Corti, persona di grandissimo talento, collaboratore coinvolgente ed entusiasta, una vera dinamo umana insomma.

A lui devo anche una commissione di un balletto da eseguire con organico giovanile in seno al Liceo Musicale e Coreutico Giuditta Pasta di Como. Il lavoro si chiama Balletto in bianco, un po’ perché è senza una determinata vicenda narrativa e un po’ perché ho scoperto che si usa indicare “balletto bianco” quella sezione, caratteristica del Romanticismo, nel quale dominano personaggi fantastici ed eterei. Tutto il materiale tematico e musicale è assemblato con un collage dei temi preferiti da ogni singolo studente. Si possono intrasentire circa una trentina di melodie.

Nell’autunno del 2019 lavorai ad un programma organizzato dal mio caro amico nonché docente di oboe al Conservatorio di Cagliari Mario Frezzato. L’incontro con Mario si perde nella notte dei tempi, e la sua storia meriterebbe cento pagine di diario. Basti dire che suonammo assieme in un ensemble ad Ulm (l’European Music Project), in Germania, durante l’eclissi totale di sole del 1998 e che una volta traversammo a piedi il confine al Brennero, sotto la neve, per un blocco dei treni in Italia. Uno di noi due aveva i sandali perché era fine già aprile. Ma lasciamo perdere… Il programma in Conservatorio a Cagliari prevedeva solo fiati, un contrabbasso, tastiere e percussioni. Trascrissi la “Outer Space Suite” di Bernard Herrmann (già contenuta nel disco “At The Gates Of The Twilight Zone” 19m40s_12) e una selezione di brani di Thomas De Hartmann, il musicista affiliato a Georges Gurdjieff. Poi scrissi una composizione, in forma di variazioni, dal titolo I Fiori di Ch’ong Tzu che ha diretto eroicamente Mario stesso. Questo brano è dedicato al mio storico maestro di composizione Danilo Lorenzini che nel 1979 incise un disco per la Cramps assieme a Michele Fedrigotti dal titolo “I fiori del sole”.

Gabrielli Enrico Frezzato Mario

con Mario Frezzato 1999

Che io ricordi quella fu l’ultima volta che ho avuto un’esecuzione di una mia composizione.

Mi permetto un parere: non accetto francamente la dicitura di Morricone “musica assoluta” perché mi sa di superominismo d’accatto. Anzi, è quasi una concezione discriminatoria perché sottende una valutazione, una collocazione eugenetica di purezza. Piuttosto forse potremmo chiamarla “musica d’arte”? Ma il dibattito è ancora aperto. Per quanto al non aficionados gli devi dire “musica contemporanea” per fargli comprendere cosa (grossomodo) stai facendo. E questo la dice lunga su quanto poco si è andati avanti nella qualifica del ruolo sociale di questa musica.

Il 25 aprile dello scorso anno, l’involuto 2021, una parte dell’orchestra de La Scala di Milano ha eseguito in streaming le mie Dieci variazioni su Bella Ciao. Dopodiché, grazie all’affettuosa intercessione di Roberto Benatti, sia contrabbassista in Scala che negli Esecutori di Metallo su Carta, mi è stato commissionato un brano per ciò che sarà il primo concerto di un Ensemble Contemporaneo interno alla Fondazione Scaligera. Per tal occasione, negli ultimi sei mesi, ho lavorato ad un brano in due movimenti dal titolo Scalata.

Enrico Gabrielli Teatro alla Scala

prova dell’Ensemble Contemporaneo della Scala, in sala prova del Teatro al sesto piano

Il musicologo Marco Moiraghi mi ha chiesto delle note da accompagnare alla presentazione del concerto. Mi piace riportarle tutte qui:

Si tratta di un lavoro diviso in due parti, e (come del resto dice il titolo stesso) parte tutto dal presupposto di una scala. In sostanza il titolo si spiega da sé con il nome della nota istituzione sinfonica. Semplice e infantile se si vuole, ma divertente. Ma il titolo ha anche quel sapore un po' Dallapiccoliano a là Tartiniana, come se dietro ci fosse una reinvenzione di materiale già esistente, un neoclassicismo metaforico. Il fatto che entrambi i movimenti si svolgano un po' come sequenza di variazioni lo farebbe pensare. C’è una ricerca spasmodica di “anti-retorica”, soprattutto sul secondo brano dove a tratti si sfiora l’ atarassia apparente. Forse c’è una necessità di lentezza che riflette il mio personale periodo di vita. C'è una nota di esecuzione in partitura che è degna di rilievo. Te la riporto anche qui:

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Nota di esecuzione: è parte integrante dell’approccio a questo brano un certo grado di approssimazione nell’interpretare effetti e tecniche estese richieste in partitura. In generale interessa, ai fini dell’esecuzione, la sporcizia del suono e la reinvenzione dello stesso. 

Non importa se (ad esempio) un whistle viene confuso con un soffio o un soffio sul ponticello con un soffio d’arco sulla pancia. Importano invece l’insieme, l’attitudine, il ritmo e le dinamiche.
E in primis un approccio disincantato e leggero alla musica di coloro che sono ancora in vita. 

Il rispetto e il timore reverenziale lasciamolo altrove.

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Marcello Corti Marcello Corti

Call for Scores a Pietra Tonale

Venerdì 23 Settembre 2022 abbiamo portato Call for Scores a Torino, negli spazi di Via Baltea 3. Gli amici di Pietra Tonale ci hanno ospitato e nutrito. La delegazione di 19’40’’ era composta da Enrico Gabrielli, Francesco Fusaro e Marcello Corti. Presenti in sala, Simone Farò, Alan Abd El Monim e Dario Gatto. Ci siamo lasciati con la promessa di berci una birra insieme, non appena i Listening Party saranno conclusi.

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Il racconto della serata è più o meno sintetizzato in questo corto. Grazie a chi c’era, a chi ha ascoltato e a chi tornerà.

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Marcello Corti Marcello Corti

Abbiamo provato a raccontare Call for Scores: ecco come è andata

19’40’’ è andato a Merate a raccontare Call for Scores in occasione del Festival Agnesi, la settimana di eventi che ruota intorno ad un corso di formazione orchestrale per non professionisti realizzata dall’Associazione Scuola di Musica San Francesco di Merate e da Marcello Corti.

Mentre Enrico si trovava con Iggy Pop a fare del rock vero con un’orchestra da camera, Francesco, Sebastiano e Marcello erano invece in una una pacata sala di Villa Confalonieri per raccontare alcune delle 14 tracce di Call for Scores, diciottesima uscita della collana anticlassica che probabilmente conoscete.

Da sinistra, Seba, Andrea Sommani, Dario Gatto, Marcello e Francesco

Qualche minuto prima dell’inizio della conferenza, giungono dalla profonda Milano e dall’ancora più profonda Emilia Romagna, quel Dario Gatto e quell’Andrea Sommani il cui nome compare all’interno del cofanetto fresco di pubblicazione. Ne abbiamo approfittato per coinvolgerli nell’evento e per fare loro una o due domande.

La serata è stata molto gradevole: una quarantina di persone ha ascoltato in modo attento le presentazioni di alcuni dei brani selezionati. Abbiamo avuto modo di scoprire, finalmente, “cosa ci faceva il compositore nella campagna padana, in un’algida notte d’inverno?” (era ad uno spettacolo teatrale di amici e si era allontanato un poco).

Abbiamo avuto modo anche di parlare con Dario Gatto del suo brano di cui ancora non avete potuto leggere niente se non la breve descrizione nel booklet. Averlo incontrato ci ha permesso di chiudere qualche tratto in più del cerchi di Polisemantica, il brano inciso con gli Esecutori di Metallo su Carta.

Uno scatto dinamico che mostra i nostri impegnati nel raccontare perché la graphic notation esiste.

Il listening party ha preso il via da Costellazioni di Antonio della Marina, per poi passare a Barocco d’Inverno di Andrea Sommani, JIN:GO!LOwBAH... di Vincenzo Parisi, Polisemantica I - Spirito di Dario Gatto e TARKUS di Fabio Cuccu, con una piccola escursione su Anna di Simone Farò. La conferenza è durata circa un’ora e un quarto: ci ha permesso di prendere le misure per i prossimi imminenti eventi di presentazione del Call for Scores. Abbiamo trovato un pubblico sorprendentemente attento, sorpreso dai processi compositivi e incuriosito dai risultati sonori.

Avremmo dovuto intervistare i partecipanti chiedendo loro un parere, un commento sulla serata: non lo abbiamo fatto. A pelle, aver raccontato senza grandi tecnicismi musica minata da un pregiudizio difficile da eliminare, è stata una scelta apprezzata. La brevità e la grande varietà dei brani proposti è stata senz’altro di aiuto. Potremmo dire che “se ci fosse stato un compositore in sala, avrebbe avuto i brividi di fronte ad alcune semplificazioni”. Dal momento che in sala ce n’erano almeno due e nessuno di questi ha accusato sintomi influenzali, possiamo quindi tirare un sospiro di sollievo. La presenza inaspettata di Dario ed Andrea ci ha permesso di sorprendere il pubblico e di svelare finalmente che anche i compositori sono esseri umani.

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La serata si è conclusa così come doveva: terminato l’evento, finito il firma copie, ci siamo diretti verso il mitologico Carillon Pub, uno di quei locali ancora in pausa dagli anni ‘90 dove i panini suono buoni e non ti giudicano se ti getti in una accorata discussione in cui Romitelli, Berio e Nono altro non sono che i campioni di una formazione calcistica sconosciuta ai frequentatori del locale. Così è stato: con lo scemare delle energie, è aumentato il vigore della discussione tra compositori, musicologi e musicisti. Sono uscite tante idee, tanti desideri e tanti spunti interessanti per il futuro del progetto Call for Scores.

All’una di notte abbiamo ritenuto potesse essere una buona idea congedare Dario e Andrea con la certezza di incontrarli di nuovo, per caso, al Santeria di via Paladini il 22 Settembre.

Vi lasciamo con le foto ricordo della serata, scattate dal bravo Riccardo Caldirola.

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Marcello Corti Marcello Corti

The New Noise parla di Call for Scores

Fabio Fior su The New Noise, affrontando l’ascolto di Call for Scores, lancia un sasso in uno stagno in cui di pietre ce ne sono già tante. Molte di queste sono scagliate in piena notte, quando nessuno vede (o sente).

C’è la diffusa convinzione che senza una solida base teorico-musicale una larga fetta di musica composta, per restringere il campo, nell’ultimo secolo, non valga nemmeno la pena di essere approcciata, se non per condannarsi a frustranti suoni destrutturati e incomprensibili.
— Fabio Fior

Fior invece getta la sua in pieno giorno ma, prima che le onde si dissolvano e la superficie torni cheta, prova anche a raccogliere la sfida e a trovare una soluzione al problema della fruizione della contemporanea.

Qual è la soluzione? Sorpresa…

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Marcello Corti Marcello Corti

Vi siete persi l'intervento a Radio3 Suite? Eccolo!

Scatti rubati ai Laboratori Testone durante la registrazione

Scatti rubati ai Laboratori Testone durante la recording Session.

Sabato 27 Agosto siamo stati ospiti di Radio3 Suite e di Fabio Cifariello Ciardi per parlare di Call for Scores, la diciottesima uscita di 19’40’’. La serata ha visto l’esecuzione di alcuni dei brani incisi con gli Esecutori di Metallo su Carta. Di seguito la playlist e il pulsante nero per riascoltare la puntata.

minuto 20:25 JIN:GO!LOWBAH... di Vincenzo Parisi
minuto 27:47 Barocco d’inverno di Andrea Sommani
minuto 35:35 I soprammobili di Gustav di Pietro Dossena
minuto 43:46 TARKUS di Fabio Cuccu

ASCOLTA L’EPISODIO

Quando registravamo TARKUS

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Marcello Corti Marcello Corti

Un cortometraggio di Enrico Gabrielli

Certe volte è difficile seguire tutto: è per questo che le case discografiche hanno diversi project manager alle loro dipendenze. In questo modo ogni singola task, ogni dettaglio è (forse) curato, seguito, amato e coccolato. Noi di 19’40’’ ce la dobbiamo cavare con le nostre forze. Se di tanto in tanto riusciamo a sfangarla egregiamente, altre volte abbiamo qualche mancanza: talvolta non riusciamo a comunicare per tempo i nostri concerti, talaltra ci dimentichiamo di inviare un comunicato stampa e spesso non abbiamo energie per documentare tutto quello che succede dietro alle quinte dell’officina più anticlassica d’Italia.

Sostieni l'attività divulgativa di 19'40’‘

Questa volta invece siamo riusciti a fare davvero tutto: mentre eravamo in studio di registrazione a Milano, in compagnia di Tommaso Colliva, padrone di Casa dei Laboratori Testone, ci siamo imbattuti in un cameramen, regista, montatore e commentatore d’eccezione: Enrico Gabrielli si è gettato in un’opera di documentazione straordinaria. Il suo girato ha documentato quello che è successo in quelle lunghe ore di studio.

Le mani magiche di Carlo

Dal suo lavoro è uscito un cortometraggio di poco più di mezz’ora: i titoli gialli, alla Tarantino, lasciano intendere che ci sarà abbondante spargimento di sangue. I più curiosi, quelli che arriveranno in fondo, saranno delusi dallo scoprire che non sono state fatte vittime... a parte i tre brani che abbiamo dovuto incidere in due sessioni extra: quelli li abbiamo feriti ma solo in modo leggero.

AIUTACI a realizzare nuovi progetti musicali

Prima di lasciarvi alla visione del video, i credits: immancabili e d’obbligo.

Call for Scores 19m40s_18: an instant movie recording session
un film di Enrico Gabrielli
con Enrico Gabrielli
montaggio di Enrico Gabrielli

e con
Esecutori di Metallo su carta
Marcello Corti
Carlotta Raponi
Enrico Gabrielli
Yoko Morimyo
Camillo Vittorio Lepido
Maxine Rizzotto
Sebastiano De Gennaro
Francesco Fusaro

con la partecipazione straordinaria di
Carlo Madaghele
Tommaso Colliva

e Vincenzo Parisi nel ruolo di se stesso

girato il 28 e 29 Marzo 2022, Laboratori Testone di Milano

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19'40" 19'40"

18_Call for Scores press release

ASCOLTA CALL FOR SCORES

19’40’’ RIDISEGNA LA MUSICA CONTEMPORANEA

MILANO - 18 agosto 2022 Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro, con la collaborazione di Yoko Morimyo, presentano Call for Scores, la diciottesima uscita della collana discografica anticlassica in abbonamento 19’40’’. L’album include quattordici tracce inedite di quattordici compositori selezionati per il primo Call for Scores internazionale di 19’40’’.

Da sinistra, Carlotta Raponi, Roberto Benatti, Enrico Gabrielli, Angelo Maria Santisi in PInocchio

Il CD da collezione, in tiratura limitata e numerato a mano, è il punto di arrivo di un progetto durato due anni: l’obiettivo è quello di offrire un’istantanea del sottobosco compositivo indipendente italiano ed estero. Al bando del Call for Scores hanno risposto più di cento compositori da tutto il mondo, inviando lavori in una delle tre categorie proposte: brano originale, trascrizione o sabotaggio di un lavoro preesistente. Le partiture ricevute dovevano avere la durata di circa 194 secondi, più o meno il tempo di una canzone pop, ed essere scritte specificamente per l’ensemble Esecutori di Metallo su Carta e il suo organico.

“Il cortometraggio, il racconto, la forma breve: tre minuti e mezzo sono un bel campo di gioco per un compositore, perché quando sei bravo te la cavi anche nel terreno aforistico. Il tempo, cari miei, è prezioso. A volte non è necessario sprecarlo in forme ampie e non è fondamentale caricare l’ascoltatore di una grammatica satura. Diamo spazio a più voci e diamo modo di cambiare scenario. Buoni ascolti.”

Enrico Gabrielli

Il CD, in esclusiva per gli abbonati di 19’40’’.

Call for Scores è l’incontro di compositori con storie e provenienze estremamente diverse: pescando ad occhi chiusi, nello stesso album troviamo lavori di Vincenzo Parisi, vincitore del primo premio al Concorso di Composizione del Conservatorio di Milano, Francesco Bucci, trombonista nel trio metal Ottone Pesante, Lucia D’Errico, ricercatrice presso il Mozarteum di Salisburgo e Fabio Cuccu, chitarrista e frontman di un gruppo prog-rock, i The Sundering. Le quattordici tracce raccontano in pochi secondi altrettanti universi sonori: ogni brano è un mondo, una scoperta, un linguaggio e una sensibilità diversi. Sono presenti inoltre lavori di Simone Farò, Andrea Sommani, Alice Hunter, Antonio Della Marina, Pietro Dossena, Matteo Minotto, Dario Gatto, Alvise Zambon, Julene Elorduy e  Alan Abd El Monim. 

Gli Esecutori di Metallo su Carta in Pinocchio!

Esecutori di Metallo su Carta è la formazione da camera fondata da Gabrielli e De Gennaro nel 2016 e specializzata nell’accompagnamento di artisti rock e indie, nell’incisione di colonne sonore per film e videogiochi, nell’esecuzione di progetti e performance uniche ed interdisciplinari con particolare attenzione al repertorio contemporaneo. Esecutori di Metallo su Carta collabora dal vivo con numerosi artisti quali Andrew Quinn, Olimpia Zagnoli e Pietro Puccio. Esecutori di Metallo su Carta ha accompagnato Francesco Bianconi, Dente, Baustelle in eventi live ed incisioni, calcando sia i grandi palchi del circuito rock nazionale (Miami Festival, Santeria, BLOOM), sia i più affascinanti luoghi della cultura (Biennale di Venezia, Chiostro di Santa Maria Novella di Firenze, Palazzo Reale di Milano).

Per avvicinare il pubblico all’ascolto della musica contemporanea, 19’40’’ ha realizzato una guida all’ascolto pubblicata sul proprio blog (www.19m40s.com/blog) e sta lavorando alla realizzazione di un podcast che uscirà nei prossimi mesi. 19’40’’ sta inoltre organizzando diversi eventi di presentazione nel centro e nord Italia. Il 31 agosto a Merate (www.festivalagnesi.it) e il 22 settembre presso Santeria di Viale Paladini a Milano, Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro e Marcello Corti introdurranno l’ascolto di Call for Scores, accompagnando il pubblico alla scoperta della bellezza della musica contemporanea. 

Gli Esecutori di Metallo su Carta in Le Carnaval des Animaux. Da sinistra, Yoko Morimyo, Sebastiano De Gennaro, Alessandro Trabace, Clara Cavallerterri, Marcello Corti, Enrico Gabrielli, Marcella Schiavelli

Il CD sarà inizialmente disponibile solo per gli abbonati a 19’40’’ (www.19m40s.com/shop-subscriptions). È possibile inoltre ascoltare Call for Scores e l’intera discografia di 19’40’’ su Bandcamp (19m40s.bandcamp.com). Sarà inoltre possibile acquistarne una copia durante gli eventi di presentazione, o in occasione dei concerti live di Esecutori di Metallo su Carta.

19'40'' è una collana discografica su abbonamento di musica anticlassica: un repertorio che potrebbe un giorno uscire dall'alveo della sperimentalità per divenire  un classico in tempi futuri. Ogni quattro mesi, 19’40’’ produce un CD e ne invia una copia, numerata a mano, agli abbonati. Nel suo catalogo esplora grandi classici come The Planets di Holst o Histoire du Soldat di Stravinskij, la graphic notation di Cornelius Cardew, le colonne sonore di serie tv o di videogiochi, come nel caso di At the gates of the Twilight Zone o Ghosts Goblins Ghouls. Non ci sono limiti alla curiosità e all’eclettismo di una delle esperienze musicali più alternative d’Italia.

Esecutori di Metallo su Carta
Marcello Corti, direttore

Carlotta Raponi, flauto e flauto basso
Enrico Gabrielli, clarinetto, clarinetto basso, sax alto e sax tenore
Yoko Morimyo, violino e viola
Camillo Vittorio Lepido, violoncello
Maxine Gloria Rizzotto, pianoforte e toy piano
Roberto Benatti, contrabbasso
Sebastiano De Gennaro, percussioni, Roland Juno-6
Francesco Fusaro, elettronica

Registrato presso i Laboratori Testone (Milano) da Carlo Madaghiele il 28 e 29 marzo 2022 e presso il Black Bear Studio (Lissolo, La Valletta Brianza, Lecco) da Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro e Marcello Corti il 5 aprile e il 6 maggio 2022. Mix realizzato presso i Laboratori Testone da Carlo Madaghiele e Master realizzato presso Lo Studio Spaziale (Bologna) da Roberto Rettura. Artwork di Annalisa Nali Limonta

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Marcello Corti Marcello Corti

Call for Scores - Capitolo 11 - Scherzetto di Julene Elorduy

Scherzetto è un brano di Julene Elorduy per viola e violoncello. Formalmente siamo di fronte a uno scherzo molto breve in cui la tripartizione e lo schema ABA sono decisamente evidenti. La sezione centrale, dal carattere più lirico e disteso, ben contrasta con la prima e l’ultima parte. Elorduy, compositrice spagnola residente a Bilbao, costruisce una pagina di musica leggera sotto tutti i punti di vista: l’organico, estremamente ridotto, il ritmo, sfuggente e l’abbondanza di pizzicati e di armonici rendono Scherzetto un compendio essenziale di composizione.

Il brano si apre con l’esposizione del materiale tematico da parte della viola sola: la sua melodia è in tempo ternario, molto rapido e saltellante. Il violoncello interviene quale basso e accompagnamento giocando tra pizzicato e colpi d’arco. Un lungo passaggio di armonici interrompe l’andamento ritmico: viola e violoncello sembrano andare a ripescare tra la polvere l’antica pratica del contrappunto. Le note si fanno opache e semitrasparenti: il suono dell’arco che scorre sulla corda rende farinoso e poco definito tutto questo passaggio centrale. Gradualmente viola e violoncello ritrovano pienezza sonora. La compositrice espone nuovamente il materiale tematico iniziale per concludere con una dichiarazione decisa: forse siamo in Re Maggiore.

Perché abbiamo scelto questo brano per il Call for Scores?

Scherzetto ci ha convinti per via della sua estrema concentrazione e sintesi. La compositrice riesce in un’operazione a noi molto gradita: liberarsi dei fronzoli. Il materiale tematico è ridotto ai minimi termini, così come l’organico. L’opera di miniaturizzazione di Elorduy permette all’ascoltatore di vedere le ossa attraverso la pelle sottile della partitura: la struttura del brano è particolarmente evidente grazie a una scrittura scarna ed essenziale.

SCopri gli abbonamenti a 19’40’’

Inoltre Scherzetto è una lettura sul futuro più nostalgica rispetto agli altri brani inseriti nel Call for Scores. Se infatti tanti compositori richiamano e rielaborano le forme classiche, Elorduy sembra invece dichiarare la sua adesione ad un modello estetico per lei ancora valido e vivo. La forma non è retaggio, ma attualità.

In fin dei conti i principi alla base della forma sono sempre quei tre: data un’idea musicale antecedente, il conseguente può esserne o la negazione, o la ripetizione o l’evoluzione (A-B oppure A-A oppure A-A’). Le possibilità compositive apparentemente infinite sono invece limitate a tre soli interventi: comporre altro non è che ripetere, cambiare o sviluppare. Tanto vale non solo riprendere le forme del passato, ma viverle nella loro supposta contemporaneità, non essendoci molte altre possibilità.

Chi è Julene Elorduy?

Julene Elorduy è una compositrice spagnola nata a Bilbao nel 1982. Ha completato gli studi di composizione nel 2018 presso il Conservatorio Superiore di Musica di Navarra (CSMN). Si è formata sia in pianoforte classico che in pianoforte jazz presso il Conservatorio Juan Crisóstomo di Arriaga e il CSMN. Dal 2013 lavora allo sviluppo di un proprio sistema compositivo, denominato “Arborescent System of Secondary Dominants”. Questo progetto è stato riconosciuto con il CSMN's Award of Excellence in Research Opera nel 2018 e, grazie a questo, si trova tra le pubblicazioni del conservatorio. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Music Research presso l'Università Internazionale di La Rioja nel 2019. Inoltre, Julene ha una laurea in design presso la Elisava School of Design (UPF, 2004) e attualmente combina il suo lavoro di insegnamento in diversi centri musicali con la progettazione grafica dentro e fuori dal campo musicale.

Un po’ di ascolti

Lo Scherzo dall’Eroica e quello da Sogno di una notte di mezz’estate sono noti a tutti. Potete ascoltare qualcosa di insolito sfruttando qualche link in calce:

Sapevi che abbiamo inciso holst?

Holst G. - Scherzo uno dei lavori minori di Holst: una composizione poco conosciuta, imperfetta ed insolita, così come il compositore stesso.

Berio scomoda un bel gruppo di compositori per “resuscitarli”. Uno scherzo “che scorre placido” da ascoltare.

Shostakovich scherza con il violino.

Mozart scherza: e lo fa prendendo in giro il classicismo, le forme e i cliché (anche se non è uno Scherzo).

Rossini mette a dura prova le bande di paese.

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Marcello Corti Marcello Corti

L'artwork di 19m40s_18: Call for Scores

L’artwork completo di Nali per 19m40s_18: Call for Scores

L’artwork di 19m40s_18:Call for Scores è realizzata da Annalisa Nali Limonta. L’illustrazione è una tecnica mista su cartoncino in pezzo unico realizzato in penna a inchiostro e acquarello. Raffigura diversi volti incastrati tra loro. Il bordo superiore dell’opera è strappato dall’artista mentre i bordi inferiori e laterali sono lineari.

vuoi acquistare l'artwork?

L’origine di questa copertina risale ad aprile 2022: durante una delle recording session presso il BlackBear studio, Marcello Corti e Sebastiano De Gennaro, dopo aver litigato per ore con il brano di Alice Hunter, stavano discutendo su a chi affidare l’art dell’uscita. Appeso a un muro dello studio c’era un piccolo disegno su cartoncino grigio raffigurante tante facce incastonate (foto sotto). L’immagine sembrava adatta a descrivere una raccolta di lavori di tanti diversi compositori, molti dei quali mai si erano incontrati, nemmeno in una registrazione.

L’artwork di Nali appeso al BlackBear Studio da cui tutto è partito

“Potrebbe essere quella la copertina!” “È un disegno che mi ha regalato Nali!” ha risposto Seba. Qualche settimana dopo, una volta approvata la scelta dalla crew al completo, abbiamo contattato Annalisa Limonta: le abbiamo chiesto il permesso di utilizzare l’illustrazione fortuitamente individuata. Nali ci ha raccontato che il disegno era nato in un momento di relax e che era stato realizzato sul retro di una scatola di gelati, non proprio il supporto più adatto: lei stessa avrebbe preferito elaborare qualcosa di nuovo che potesse dare un’evoluzione al lavoro originario ed essere più adatto ai nostri scopi.

Dal momento che abbiamo rinunciato anni fa al nostro diritto all’oblio, abbiamo scavato nel gruppo whatsapp dell’Associazione Esecutori di Metallo su Carta. Il primo screen risale al 6 maggio 2022: è esattamente in questa data che la proposta di utilizzare il lavoro di Nali viene ufficialmente approvata. Il secondo screen invece risale al 10 maggio: Sebastiano aveva inviato un piccolo spoiler del lavoro, ancora in fase di elaborazione. La copertina della 18esima uscita di 19’40’’ stava prendendo forma. La foto di Enrico è invece stata scattata ancora il 6 maggio durante l’ultima recording session al Blackbear Studio. Se guardate bene appesi al muro trovate dei pezzetti di storia di 19’40’’: la copertina ed un’illustrazione interna di Chino Goia Sornisi, la locandina di ContempoRarities del 2017 presso il Santeria Toscana 31, due illustrazioni di Nali e, sul tavolo. una lasagna vegetariana.

Meno di una settimana dopo avevamo tra le mani l’artwork che è diventato all’unanimità il progetto definitivo: sguardi diversi, potenti, a contatto ma allo stesso tempo diversi, confini netti ma condivisi, un gesto meta-illustrativo che sembra sfondare il foglio di carta per comunicare in prima persona con l’osservatore. Bello, semplice, originale e soprattutto ricco di significanti: i significati sono invece appannaggio dell’osservatore. Abbiamo realizzato una scansione ad altissima qualità per cercare di mantenere invariati i colori. Quanto in alta qualità?

scopri gli abbonamenti a 19'40’‘

Nali ha già realizzato un artwork per 19’40’’: la linea grafica di Plantasia porta infatti la sua firma. Il nuovo lavoro di Nali è stato donato dall’artista a 19’40’’: Annalisa ha deciso di lasciare il ricavato dalla vendita di questo pezzo unico alla ricerca anticlassica che Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro portano avanti dal 2016. Grazie <3

Epilogo: forse siete sopresi dalla quantità di Recording Session che abbiamo dovuto tenere per questo CD. In totale sono stati quattro i giorni di sola registrazione: due programmati presso i Laboratori Testone di Tommaso Colliva, seguiti dallo splendido Carlo Madiaghele. Altri due invece presso il Black Bear Studio di Lissolo, seguiti dagli un po’ meno splendidi noi stessi. Nel booklet del libretto abbiamo riportato le diciture esatte:

Recorded at Laboratori Testone (Milano, Italy), by Carlo Madaghiele on March 28-29th, 2022

Recorded at Black Bear Studio (Lissolo, La Valletta Brianza, Lecco, Italy) by Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro and Marcello Corti on April 5th and May 6th, 2022

Dettaglio della firma di Nali sul retro dell’art

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19'40" 19'40"

Manuale di Cinematografia per dilettanti - Vol.I

recording session della colonna sonora del “Manuale di cinematografia per dilettanti - vol.I”

Manuale di cinematografia per dilettanti – Vol. I è il nuovo film di Federico di Corato prodotto da ENECEfilm in associazione con Lab 80 film ed è tra i cortometraggi in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia - La Biennale di Venezia 2022, nella sezione "Orizzonti".

Sviluppato durante la seconda edizione di Re-framing home movies, il film è realizzato con i filmati del Fondo Augusto Gandini (1927-1942), raccolti da Archivio Cinescatti di Lab 80 film e le animazioni di Sara Galli. Il progetto ha altresì beneficiato del "Conseil à l’écriture pour les projets documentaires" dell'associazione francese Asso Vidéadoc .

Enrico Gabrielli ha composto le musiche eseguite dagli Esecutori di Metallo su Carta. Per l'occasione l'organico, tutto rigorosamente suonato dal vivo, è composto da Sebastiano de Gennaro alle percussioni ed elettronica, Elisa La Marca alla tiorba, Giulia La Marca al liuto, Enrico Gabrielli al flauto, clarinetto e organo. Il corpus comprende 15 brani brevi, dove la commistione tra elettronica, strumenti acustici a fiato, percussioni intonate moderne e strumenti a corda tipici della musica antica genera un particolare disorientamento che a tratti si ispira al lavoro di Toru Takemitsu, compositore giapponese noto anche per le collaborazioni con Akira Kurosawa.

La collana discografica 19'40'' pubblicherà la colonna sonora del Manuale di cinematografia per dilettanti - vol.1 in una futura uscita dedicata alla musica per immagini.

Presto verranno resi pubblici i giorni e gli orari della proiezione al Lido di Venezia: update in futuro qui

SCOPRI IL MERCH ANTICLASSICO di 19’40’’
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