Diary

Back to Radio Raheem by 19'40"

Francesco Fusaro was on Radio Raheem to present our next release, “Black Classical Music”, out on the 21st of August! Here you can find his guest slot, which also features the voice of Esecutori di Metallo su Carta’s Damiano Afrifa. Enjoy!

Francesco Fusaro, Radio Raheem, 26/07/2023, live

Il virus cambia la musica ma non le fa male by Sebastiano De Gennaro

Karlheinz Stockhausen, Tierkreis
the upside down versions
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(foto Lorenzo Brusci)

(foto Lorenzo Brusci)

17 marzo 2020

Prima sospesi ed ora sottosopra. Non è un film, ripeto dentro me. Sì è un film: siamo tutti protagonisti di un film a cui difficilmente crederemmo se non fosse davvero qui, fuori dalle nostre porte. E questa volta, senza volerlo, il disco in arrivo (se riuscirà a raggiungere le vostre case) è la perfetta metafora della drammatica attualità: il tempo e le nostre cose quotidiane, da un momento all’altro, hanno assunto lunghezze e forme diverse, a cui non eravamo proprio preparati.

Tierkreis (Zodiaco) The Upside Down Version (la versione sottosopra), sarà la nostra undicesima uscita, e la ricorderemo perché caduta nel mezzo di questa pandemia. Sarà un disco dedicato ai Tierkreis di Karlheinz Stockhausen; dodici melodie, una per ogni segno dello zodiaco. La nostra sarà una doppia versione, il diritto ed il rovescio, il prima e il dopo. Le prime dodici tracce sono infatti la mia versione, tesa ad una malinconica, intima e familiare poesia fatta di semplicità di mezzi e sottrazione di suono (tre tastiere Casio ed un violino). Altrettante dodici tracce sono la stessa opera ma osservata ‘dall’altra parte dello specchio’: la versione infetta di Lorenzo Brusci, che ha raccolto la nostra esecuzione dei Segni in occasione del festiva AngelicA di Bologna e la ha spettralmente elaborata. Lorenzo è riuscito a catturare l’ombra (il reverbero) di quei dodici segni, con l’abilità e la pazienza di chi cerca di catturare sulla pellicola fotografica l’invisibile.

Ascoltare questo disco per me è come osservare il prima, e l’adesso, la nostra quarantena. Ciò che era familiare e certo ora non lo è più, siamo nel sottosopra (citando la serie televisiva Stranger Things). Mi viene in mente un sogno ricorrente che facevo da ragazzino: è buoi ed io entro nella mia camera da letto facendo il consueto gesto verso l’interruttore per accendere la luce, ‘clik’, ma stranamente qualcosa non funziona, la lampadina si accende ma la sua luce è talmente fioca che la stanza rimane buia. Questo sogno mi faceva paura come me lo fa questa epoca pestilenziale.

C’è da dire che la paura è estremamente interessante (come diceva Hitchcock), ed infatti questo disco è interessante oltre ad essere profondamente bello e misterioso. Dato che pare dovremo adattarci alle grandi solitudini, Tierkreist sarà un buon compagno per rendere intense le nostre solitudini.

(video Furio Ganz)


Due appunti su “Mother Earth's Plantasia” by Stefano Mancuso

Che le piante siano, effettivamente, in grado di percepire il suono è un’acquisizione degli ultimi anni. Nel 2012, insieme a due colleghi, dimostrai che le radici delle piante erano in grado di percepire frequenze nell’intervallo fra 50 e 5000 Hz, rispondendo in maniera opportuna ai diversi suoni. I 200 Hz, ad esempio, rappresentando la frequenza sonora di picco nel suono dell’acqua corrente, piace moltissimo alle radici, che si dirigono verso la sorgente del suono senza indugio. Frequenze diverse, soprattutto quelle più alte, sono, al contrario, non molto gradite alle piante. Il suono delle vibrazioni delle ali degli insetti o dei loro richiami, di solito piuttosto acuto, è avvertito, infatti, dalle piante come pericoloso. La capacità delle piante di rispondere alle onde sonore nel loro ambiente è molto più diffusa di quanto pensiamo e numerose specie hanno sviluppato una serie di strategie per sfruttare il suono. Ad esempio, circa 20.000 specie vegetali diverse sono in grado di rilasciare il polline dai fiori solo quando sentono la corretta frequenza del suono prodotto dalle ali del proprio insetto impollinatore Su queste basi, non è sorprendente che in molti abbiano pensato ad una diretta influenza della musica sulla crescita delle piante.

Mother Earth's Plantasia è, senza dubbio, la realizzazione più straordinaria ed affascinante mai prodotta in questo senso. Warm earth music for plants... and the people who love them, è questo il sottotitolo del disco: musica per le piante e per chi le ama e Mort Garson ne era davvero convinto. Alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, da giovane ricercatore, partecipavo ad un convegno sulla fisiologia delle piante a Edimburgo. Avevo appena parlato delle capacità di senso delle piante, fra i mugugni e la disapprovazione della maggior parte dei miei colleghi più anziani. Ero giovane e piuttosto abbattuto per le critiche ricevute, quando un signore, a me totalmente sconosciuto, mi si avvicinò per complimentarsi e per assicurarmi che il mondo vegetale era perfettamente in grado di apprezzare la musica: era Mort Garson. Si presentò come “musicista” e mi raccontò delle sue musiche scritte “per le piante”. Mi raccontò che aveva collaborato con dei botanici per la scrittura di Mother Earth's Plantasia e che gli effetti sulle piante erano indubitabili.

Qualche settimana dopo ricevetti in laboratorio un pacchetto contenente il suo disco e una gentilissima lettera in cui mi pregava di sperimentare le sue musiche sulle piante. Non l’ho fatto, mi sembrava una perdita di tempo. Ho anche perso nei traslochi lettera e disco. Non avevo alcuna idea di che razza di musicista fosse Mort Garson e della sua leggendaria carriera. Quando lo scoprii era troppo tardi (Garson è morto nel 2008) per fargli sapere che aveva ragione. Così, quando Enrico Gabrielli – co-fondatore di questa collana – mi ha scritto chiedendomi “due righe” su Mother Earth's Plantasia mi è sembrato di poter, in qualche modo, utilizzarle per ricordare quell’insolito incontro e per ringraziare Mort Garson della sua gentilezza e per la sua intuizione sulle capacità delle piante. Ascoltate questo disco insieme alle vostre piante e ne uscirete tutti più felici.

The notion that plants can effectively detect sound is a recent acquisition. Together with two colleagues of mine, I was able to demonstrate in 2012 that the roots of plants can perceive frequencies sitting between 50 and 5000 Hz, and respond to them accordingly. For instance, 200 Hz is a pleasant frequency for roots, as it represents the sound peak for a water stream, thus stimulating them to direct themselves towards that sound source. On the other hand, other—usually higher—frequencies are much less pleasant for plants. The vibrations of a bug’s wings, or their calls, which are usually high pitched sounds, is in fact perceived as dangerous by plants.

Plants’ ability to respond to the different sound waves of their environment is much more widespread than we think, and some of them have developed a set of strategies to exploit sound sources. For instance, 20,000 different species release their pollen only when they hear the correct frequency corresponding to the vibrations emanating from the wings of their selected pollinator.

On these premises, it shouldn’t surprise that a few people have supposed a direct influence of music on the growth of plants. Mother Earth's Plantasia, is without a doubt the most fascinating example of this way of thinking. Its subtitle reads Warm earth music for plants... and the people who love them: Mort Garson was truly convinced about this theory.

At the end of the 90s, I was a young researcher attending a panel on the physiology of plants in Edinburgh. I had just delivered a speech on the sensory abilities of plants, which was met with my older colleague’s disapproval, when someone I didn’t know came up to my disheartened self to share his compliments and confirm plants are absolutely capable of appreciating music played to them. His name was Mort Garson. He told me he was a musician and that he had written music specifically for plants, as he collaborated with some botanists on a project called Mother Earth's Plantasia. He was in no doubt that the effects of music on plants are noticeable.

Some weeks later, I received at my lab a parcel with his album and a nice letter inviting me to play his music to our plants. I didn’t do it, as I deemed it a waste of time. I even ended up losing both the letter and the album when I moved house. At the time, I didn’t know what an amazing artist Mort Garson was and what a legendary career he had. When I discovered about him, it was too late to let him know how right he was: he passed away in 2008. So when Enrico Gabrielli—the co-founder of this album series—got in touch to ask me a few words on Mother Earth's Plantasia I thought this could be the occasion to somehow remember that odd encounter and thank Mort Garson for his kindness and his intuition on the acoustic abilities of plants. I invite you to listen to this album together with your plants: you will all come out of it much happier.

Collattività by Enrico Gabrielli

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In Italia ci sono alcuni cognomi con poche sillabe che hanno una natura semantica.
Colla è la “colla” per attaccare, ma è anche una preposizione articolata che significa “con la”.  La Compagnia Marionettistica Carlo Colla & figli fa abbondante uso di colla per fabbricare parte delle cartapesta di scena e contemporaneamente si esprime con la forza di una collettività che, dopo svariate generazioni, ha mantenuto intatto lo spirito di compagnia familiare dove si fa tutto assieme, si mangia tutti assieme e si distribuiscono equamente ruoli e responsabilità. Potremmo dire: “colla” comunità si fa la forza.
Li ricordo bene, nel 1998, quando a seguito dell’ensemble di Danilo Lorenzini andammo a Losanna per alcune rappresentazioni del ballo “Excelsior” di Romualdo Marenco nella celebre versione marionettistica. Per chi non sa cos'era, il ballo “Excelsior” fu uno dei primi colossal danzanti, dove personaggi come la Luce, la Civiltà e l’Oscurantismo si battevano a suon di pas double sullo sfondo delle grande opere ingegneristiche e tecniche di fin siècle. Il M° Danilo Lorenzini, eccellente docente di composizione tradizionale al Conservatorio di Milano aveva (ed ha tutt’ora) l’incarico di mastro concertatore e compositore di musiche originali per la celebre Compagnia meneghina. Sue le splendide composizioni de “Il pifferaio magico” e “Pocahontas” (e non quell’obbrobrio della Disney) e sue le riduzioni per piccolo ensemble dell’”Excelsior”.
In quella settimana di stretta convivenza, ebbi modo di conoscere quel grandissimo uomo di teatro che fu Eugenio Monti Colla. Ricordo benissimo quanto mi sentivo piccolo e inadeguato di fronte alle categorie culturali del signor Eugenio, che aveva in testa modelli di teatro d’opera settecento-ottocenteschi e centocinquant'anni di tradizione artigianale. Era anche un maniaco del dettaglio ed ancor più un maniaco della minuzia narrativa, manie che a volte sfociavano nel giudizio umano attraverso un sarcasmo elegante, e a tratti crudele, come quello di Carmelo Bene.
All’Atelier Colla, attivo e accogliente (in via Montegani 35), nelle brochure di sala c’è un elenco infinito di personalità che dal 1863 (o giù di lì!) hanno visitato i loro spettacoli: da Manuel De Falla ad Igor Stravinskij, da Simon Weil a Luchino Visconti, da Erminio Macario a Giorgio Strehler, da Paolo Poli a Carla Fracci, da Ciro Menotti a Filippo Crivelli etc..                                            Viaggiano in tutto il mondo, portando il gonfalone di “Compagnia di marionette di Milano”, malgrado la città meneghina, proiettata verso la quinta (o quarta?) linea della metropolitana e la fine dei primi vent’anni del millennio, sembri non essere pienamente a conoscenza di questo tesoro, di questo cimelio culturale imprescindibile. Ricordo che penavano per avere una sede istituzionale adeguata. Da poco però è stato riaperto il Teatro Gerolamo (la "piccola Scala"), in piazza Beccaria, nelle forme nuove ma rispettose di ciò che fu il teatro di adozione dei Colla per moltissimi anni. E questo spero sarà un bene.
Prima di imbarcarsi in quella megalitica avventura che fu UPM - Unità di produzione Musicale, Enece Film ha realizzato un bellissimo documentario su Eugenio Monti Colla, suo cugino Carlo III e sulla Compagnia. Si tratta di un documento video atipico perché il centro d’interesse sono gli esseri umani, la compagnia-famiglia dietro alla macchina scenica, impegnati nell’allestimento di una splendida versione del “Macbeth”. Gli attori di legno svolgono al meglio il ruolo della tragedia Shakespeariana senza essere, in pratica, mai inquadrati.
È caldamente consigliata la sua visione per vedere il “dal di dentro” del complesso lavorio quotidiano, stupefacente nella sua semplicità e nel suo utilizzo di mezzi artigianali.
Ma che sia questo documentario, che sia l’Atelier, il Teatro Gerolamo o il Teatro Studio Melato, ovunque si trovino in cartellone nei sette angoli del pianeta, andarli a vedere è un beneficio dell’anima, per vedere se la nostra anima di uomini è degna dei materiali celesti di cui son fatti quegli incredibili homunculus di cinquanta centimetri.

https://www.marionettecolla.org/

EG

19'40" al padiglione francese della Biennale di Venezia: una delle più belle esperienze di registrazione che ci sia capitato di vivere by Sebastiano De Gennaro

La sera del 29 ottobre 2017, sotto un tramonto apocalittico, carico i miei strumenti in auto e parto per Venezia. 19’40” nella persona di Enrico Gabrielli, ed aggiungo degli Esecutori di Metallo su Carta, di me e di Francesco Fusaro, è tra gli artisti invitati per una residenza di due giorni al padiglione di Francia della 57° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale.
Nel viaggio rifletto: facciamo musica, facciamo anche musica contemporanea, ma nessuno ci ha invitato alla Biennale Musica (difficilissimo arrivarci qualcuno mi disse) , nessuno forse mai lo farà ed ho la sensazione che ci guarderebbero con sospetto, forse con disprezzo. Invece ci ritroviamo alla biennale arte e tutto ciò deve avere un senso. Probabilmente c’è qualcosa in 19’40”, nell’umanità del nostro ensemble, nella leggerezza con cui affrontiamo le musiche più serie, nelle stranezze dei nostri progetti, qualcosa che evidentemente ci avvicina più ad una esposizione di arte contemporanea e ci allontana dal mondo impenetrabile della musica contemporanea. 

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 Il Padiglione di Francia è stato trasformato in uno studio di registrazione, il progetto è dell’artista Xavier Veilhan  (il primo ad accoglierci alla mattina del 30 ottobre) e si chiama Studio Venezia. Facciamo così il nostro ingresso  in questo eccezionale spazio di cui in molti mi avevano parlato. L’architettura di questo padiglione, risalente al 1912 e collocato in fondo ai giardini sulla sinistra,  è stata completamente trasfigurata al suo interno: una serie di ambienti geometrici e disarticolati realizzati esclusivamente in legno mi fa sentire un leggero senso di vertigine, quasi piacevole, forse perché in queste due ampie sale di ripresa non ci sono 8 angoli ma centinaia, e non si riesce a comprendere minimamente quale parete possa essere considerata il soffitto. Leggo che l’opera di Xavier è ispirata ai Merzbau di Kurt Schwitters, ed i termini giusti per definire le superfici, gli spazi, gli angoli di questo studio sono infatti giusti se raccolti dall’arte di Schwitters: dadaismo, costruttivismo, cubismo. Aggiungiamo, come si notava con Francesco ed Enrico, i termini glitch e digitale: non esistono curve, esistono solo angoli, spigoli, rette che si intersecano, o zero o uno ma nessuna sfumatura.

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Thibaut Javoy è il tecnico audio che ci mostra la regia, il banco mixer e tutta l’attrezzatura provengono dallo studio mobile di Nigel Godrich, con questo banco i Radiohead hanno registrato OK Computer e In Rainbows, il suono che ne esce è eccezionale, ce ne accorgiamo dopo pochi minuti di registrazione, si sente tutto, anche ciò che non vorremmo sentire. Adesso quindi bisogna suonare il meglio possibile.
In questi due giorni gli Esecutori di Metallo su Carta registreranno i sette brani che compongono i Pianeti (The Planets, op.32) del compositore inglese Gustav Holst, nella versione per 13 esecutori che realizzammo lo scorso anno dal vivo a Contemporarities. Un mare di lavoro in pochissimo tempo, per realizzare quello che sarà il sesto disco della nostra collana, 19m40s_06 in uscita il 6 agosto 2018.

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Alle 12:30 del 30 ottobre l’ensemble è al completo, violino, viola, violoncello, contrabbasso, pianoforte, clarinetto, oboe, due percussionisti ed un direttore d’orchestra (mancano gli ottoni che sovra incideremo a casa), siamo in dieci e cominciamo a lavorare. Thibaut ed il suo assistente Edoardo registrano tutto. Francesco ascolta con la partitura e prende nota delle take buone. Quello che solitamente è l’ambiente intimo, concentrato, silenzioso di un recording studio, è da subito percorso da fiumi di visitatori che si ritrovano, con stupore, in un luogo che non è il loro, dove bisogna camminare delicatamente su un pavimento in legno che scricchiola ad ogni passo. la maggior parte evidentemente non ha mai assistito a delle vere sessioni di registrazione, l’esperienza non è banale, né per loro ne per noi. In più momenti chiediamo il silenzio, “20 secondi di immobilità per favore”, ci sono passaggi difficili e delicati da registrare, sbagliamo e ripetiamo, ripetiamo e ripetiamo, la tensione è palpabile e quando il direttore dice “ce l’abbiamo” la gente applaude quasi come un naturale riflesso al nostro respiro di sollievo. E’ chiaramente straordinario per tutti i visitatori assistere alla nascita di un disco, scoprire tutto ciò che arriva prima del momento in cui lo metti e te lo ascolti dalle casse dello stereo.

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In due giorni di lavoro abbiamo registrato circa 14 ore di musica. Il 31 sera, la sera di Halloween,  alle 19:30 terminiamo la coda di Neptune il settimo movimento dei pianeti, abbiamo finito, alle 20:00 il padiglione chiude e già una barca aspetta fuori i nostri strumenti per riportarli al tronchetto. Ci salutiamo in maniera affettuosa, con Xavier, Thibaut, Edoardo, Arianna, Eleonora, tutti davvero gentilissimi. Sulla barca ci scende una stanchezza enorme, credo bella, io sono sconvolto dalla fatica.

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Riassumere l’esperienza è difficile, lo farà questo disco certamente meglio di ogni nostro racconto. Sicuramente resterà per noi una delle più belle esperienze di registrazione condivisa. Oltre a me ed Enrico gli Esecutori di Metallo su Carta questa volta erano: Maria Silvana Pavan (pianoforte), Yoko Morimyo (violino), Matteo Vercelloni (violoncello), Carlo Sgarro (contrabbasso), Ambra Cozzi (oboe), Lorenzo Boninsegna (viola), Matteo Lenzi (percussioni), Marcello Corti (direttore). A loro và il primo e più caloroso ringraziamento.

Sebastiano De Gennaro

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